Roberto Vecchioni: una voce Sottovoce…
4 min di letturaInizia così nel silenzio assordante della notte la rubrica più ossimorica della TV.
«Sottovoce, lo sapete, è l’appuntamento che chiude il palinsesto della Prima Rete della RAI, noi diciamo un modo per conoscere e per conoscersi, percorsi umani e professionali, quando un giorno – vista l’ora – è appena finito e un nuovo giorno è appena cominciato, un giorno in più per amare…, per sognare…, per vivere. ».
Un introitus, quello di Gigi Marzullo, che accompagna, in uno slogan da Carosello, l’altrettanta battuta canonica, ormai nota agli appassionati cultori del programma:« Ci siamo anche questa notte cari amici della notte di Raiuno, per chi è ancora sveglio, per chi non ha voglia o non può dormire, per chi vuole sapere di più questa notte di … ».
Nello spazio di un salotto in blu non si fa attendere l’intervista: senza clamori per un conduttore refrattario ai rumori. Presentazione discreta ed intima nella casa di ogni italiano: l’ingrediente di successo che accompagna il conduttore nel talk-show più longevo d’Italia.
Gigi Marzullo: Scarpe da ginnastica, jeans e polo (indicando con mano la tenuta casual d’ordinanza dell’intervistato). Semplicemente, Roberto Vecchioni: autore, traduttore, interprete e cantautore.
Roberto Vecchioni (ai margini di questa introduzione): Professore, può bastare, direi! Sa, è partito tutto da lì, dal piacere di essere maestro. E quel sapore mai lontano non lo al-lontano da me; anzi, lo mescolo al pestilenziale odore di sigaro ogni qualvolta compongo uno dei miei testi.
Gigi Marzullo: Quindi, tutta colpa della scuola (sorridendo)?
Roberto Vecchioni: Proprio così! Colpa incolpevole della metrica greca: non c’è tour dove il Classico non sia il primo della mia band. In fondo, il palco, per me, è una lezione allargata alle piazze.
Gigi Marzullo: Un agone poetico?
Roberto Vecchioni: Un’Agorà della poesia cantata (accennando una rima buccale).
Gigi Marzullo: Oggi, lei, compone musica, ma che cosa ascoltava, da giovanissimo, prima che spuntasse mattiniera l’Aurora dalle dita di rosa?
Roberto Vecchioni (percependo sottilmente la comunione omerica tra i due): Ero fortunato. Avevo una radio che permetteva di prendere anche le stazioni straniere: Radio Luxemburg, Radio Londra. La ascoltavo di notte…
Gigi Marzullo: Di notte, la radio, allora. Ora, in Tv con me, di notte. Qualcosa ci accomuna, vero?
Roberto Vecchioni: L’amore per la Classicità (annuendo con soddisfazione), che, oggi (corrugando l’espressione), nel pronunciarla, sembra un’uscita di follia.
Gigi Marzullo (frapponendo una domanda di rito delle sue): Cosa le manca nella malinconia, tenendo presente che la malinconia è la felicità di sentirsi tristi?
Roberto Vecchioni: Una sinfonia titanica come la Ginestra di un Leopardi.
Gigi Marzullo (sviando consapevolmente il discorso, per riportare l’interlocutore alla sua argomentazione): Si intende di piante e fiori?
Roberto Vecchioni: Anthurium, Paphiopedilum, Pelargonium,Cryptanthus. Dall’incoerenza delle sillabe si sprigiona l’armonia dei profumi. Un po’, come in uno spartito…
Gigi Marzullo: Latino da giardinieri, il suo?
Roberto Vecchioni: Forse, ma ogni fiore è speranza di frutto. Nella natura si racchiude tutta la speranza che ho per il futuro dei giovani in cui credo.
Gigi Marzullo: La vita può essere un sogno e i sogni possono aiutare a vivere meglio. Cosa direbbe, lei, alle nuove generazioni di oggi?
Roberto Vecchioni: Canterei qualche verso…(esitando prima ed eseguendo, poi, un suo brano a cappella):
E ti diranno parole rosse come il sangue
Nere come la notte
Ma non è vero, ragazzo
Che la ragione sta sempre col più forte
Io conosco poeti
Che spostano i fiumi con il pensiero
E naviganti infiniti
Che sanno parlare con il cielo
Chiudi gli occhi, ragazzo
E credi solo a quel che vedi dentro
Stringi i pugni, ragazzo
Non lasciargliela vinta neanche un momento
Copri l’amore, ragazzo
Ma non nasconderlo sotto il mantello
A volte passa qualcuno
A volte c’è qualcuno che deve vederlo
Sogna, ragazzo sogna
Quando sale il vento
Nelle vie del cuore
Quando un uomo vive
Per le sue parole
O non vive più
Sogna, ragazzo sogna
Non lasciarlo solo contro questo mondo
Non lasciarlo andare sogna fino in fondo
Fallo pure tu
Sogna, ragazzo sogna
Quando cade…
Ecco, una canta-poesia di un trovatore come dono di felicità. Felici, tra l’altro, etimologicamente, significa farsi luce; sul solco antico, aggiungiamo noi, per questa modernità, che è bella e senza anima.
Non in quella splendida canzone, però!
Di fronte alla bellezza di un buon ascolto il dialogo si fa muto ed il decano dell’insonnia creativa, non volendo aggiungere altro (per immortalare il messaggio) stringe a sé l’ospite, salutando, in una panoramica ravvicinata, i telespettatori innamorati delle oscurità:
« Grazie a voi, cari amici della notte. Io vi aspetto come di consueto sempre di notte, sempre sottovoce, noi diciamo un modo per capire, per capirsi e forse anche per capirci, quando un giorno – vista l’ora – è appena finito e un nuovo giorno è appena cominciato; un giorno in più per amare…, per sognare…, per vivere. Buonanotte. »
Domani è un altro giorno.
Cras dies alius.
Sempre, in Latinorum…
Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.
Prof. Francesco Polopoli