LameziaTerme.it

Il giornale della tua città



Roghudi: storia di un paese fantasma e della sua rinascita

5 min di lettura
Roghudi: storia di un paese fantasma e della sua rinascita

L’associazione “Le Città visibili” in visita a Roghudi

Roghudi, il paese nascosto, oggi paese fantasma, disabitato, fiero e altero si staglia arroccato nel suo silenzio su uno sperone roccioso.

Tappa del Cammino Basiliano, le origini pare risalgano all’XI secolo; in quel punto strategico ci si spostava navigando i corsi d’acqua, oggi strisce argentee che segnano come solchi il territorio circostante.

I gusci vuoti delle case sono incastonati nel Parco Nazionale d’Aspromonte che stavolta ci accoglie con le cime inghirlandate da nuvole bianche e un velo di nebbia. Impazienti di immergerci nel paesaggio, ricco di suggestioni e sorprese, salutiamo la nostra espertissima poliedrica guida, Peppe Battaglia, e a Bova saliamo sulle navette che ci portano verso l’alto (grazie Naturaliter per la consueta professionalità e affidabilità), mentre inizia a piovigginare.

Il panorama è bellissimo anche nel grigio che, anzi, rende tutto più misterioso. Durante il percorso attraversiamo il cosiddetto “passu d’a zzita” (passo della sposa); diverse sono le leggende sull’origine del nome e a noi viene raccontato che una ragazza, contro la sua volontà, era stata promessa dalla famiglia ad un uomo che lei non amava.

Per non deludere i genitori ed evitare il matrimonio, mentre passava in quel punto si gettò in un dirupo. Ai lati del tragitto occhieggiano dall’alto un gruppo di pecorelle e, a sorpresa, qualche mucca che si riposa sul ciglio della strada. Siamo attratti da cespugli di fiori gialli, la zona pullula di euforbie, ma ci viene proibito di toccarle perché secernono un liquido urticante che, se a contatto con gli occhi, può causare problemi.

Ci fermiamo in un punto utile e iniziamo a scendere verso la fiumara, passeggiando e scoprendo scorci mozzafiato e dirupi scoscesi, opportunamente segnalati dal nostro Peppe, che inizia a raccontarci la storia di questo minuscolo paese. Il vecchio centro abitato sorge su una costone di roccia, a picco da un lato sull’Amendolea e dall’altro sul torrente Furrìa.

Una strada principale, posta sul crinale, molto stretta, collega la parte alta del paese alla confluenza dell’Amendolea con il Furrìa; ai lati di questa strada sono state costruite le case di Roghudi, letteralmente aggrappate ai costoni, sui sottostanti precipizi.

“Anche a causa della collocazione piuttosto impervia, Roghudi ha patito molto spesso nel corso dei secoli l’imperversare della natura. Nel 1971 e 1973 due violente alluvioni provocarono morti e dispersi danneggiando numerose abitazioni e obbligarono gli abitanti ad abbandonare il paese che così iniziò la sua nuova e affascinante esistenza di borgo “fantasma”. Una vita interrotta da una fuga, forzata, verso la salvezza, ma sofferta; fuga dal proprio territorio, dalla propria cultura pastorale e contadina, verso il mare, in un ribaltamento di prospettive.

All’inizio gli abitanti furono rapidamente evacuati e ospitati nei paesi limitrofi. Tale situazione si è mantenuta fino agli anni Ottanta, quando, in una località poco distante dal mare, è stato realizzato il nuovo centro abitato e, assegnati gli alloggi, i roghudesi hanno avuto una casa propria.

Peppe ci racconta un’ altra leggenda locale, ad uso e consumo dei bambini, poiché, per evitare che uscissero col buio, si mettevano in guardia dalle Narade (o Anarade, forse riconducibili al mito delle Nereidi, creature immortali e che affiancavano il dio Poseidone), donne con i piedi a zoccolo di asino che terrorizzavano i malcapitati sulla loro strada.

Dopo una serie di scatti memorabili, risaliamo verso altri luoghi magici: il geosito della Rocca del Drago (Rocca tu Draku), curioso monumento naturale che ricorda nella forma la testa di ET , “abitato” da un drago che, per esser mantenuto calmo, riceveva una gran quantità di latte, rovesciando poi le ciotole nello spazio sottostante dove si originarono le Caldaie del Latte, particolari formazioni rocciose tondeggianti, modellate dal vento, dalla pioggia e dal ghiaccio, che sembrano grandi dita grassocce.

Gli abitanti credevano che chi osasse avvicinarsi alla rocca, sarebbe stato travolto da una violenta folata di vento e scaraventato giù nelle acque del torrente. Tra leggende, brividi e suggestioni si è fatta ora di pranzo e gustosissimi piatti tradizionali (salumi locali di suino nero di Calabria, formaggi tipici, fagioli, lestopitte, frittelle, ricotta fresca, patate e salsiccia, verdure grigliate e in padella, rigatoni alle verdure) ci aspettano nell’ospitale Cooperativa San Leo dove veniamo accolti con il consueto garbo da Andrea.

Dopo pranzo scendiamo a Bova Marina dove visitiamo la piccola azienda cosmetica a conduzione familiare Bova s.r.l.s.; il profumo delicato del bergamotto ci avvolge e più d’uno acquista gli ottimi prodotti in vendita. Prima di rientrare, siamo attesi nella sala del Comune di Roghudi nuovo dal sindaco Pierpaolo Zavettieri, il vicesindaco Antonino Maesano e il professor Carmelo Trapani. Il professor Trapani ci accoglie salutandoci in greco, mentre il sindaco e il vicesindaco ci fanno accomodare nella sala conferenze.

Qui ascoltiamo l’interessante progetto di riqualificazione portato avanti dal Comune che prevede molteplici importanti iniziative per far rinascere la vecchia Roghudi: il recupero della città nel pieno rispetto della conservazione storica, interventi di risanamento edilizio, rete tecnologica, con il sogno di riuscire ad ospitare iniziative culturali (concerti, spettacoli teatrali) e un campeggio diffuso per i visitatori, a 200 metri di altezza, nel borgo.

Roghudi, è, inoltre, uno dei tre centri della cultura e lingua grecanica, insieme con Bova e Gallicianò, e tra le nuove proposte il Comune ha anche rilanciato il tema dell’introduzione nei programmi scolastici del greco parlato in quest’area. Siamo ammirati dallo slancio e dall’operosità di questa cittadina e siamo sicuri di trovare molte novità in una nostra futura visita.

Prima di andar via il professor Trapani ci dedica una poesia in greco, scritta da sua madre: parla della Pasqua, ormai alle porte, e non c’è commiato più bello che questo augurio in una voce dai suoni del passato.

Il sole tramonta sullo Stretto e la sua luce albicocca ci accompagna verso a casa.

Buona domenica delle Palme e Buona Pasqua a tutti!

Racconto a cura di Giuliana Manfredi
Ph Mimmo Greco e Franz Mazza

Click to Hide Advanced Floating Content