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Rosa Tavella (ex consigliera regionale PRC): “Riabitare la Calabria”

6 min di lettura

“Oggi la Calabria progressivamente si spopola, aumenta la corruzione, il peso della ndrangheta,  si desertifica una regione , si desertifica la democrazia”

Comunicato stampa

Sono stata sempre orgogliosa di essere calabrese.

Se negli anni dell’università, a Pisa, mi chiamavano Calabria Saudita sorridevo contenta e ancora più contenta ero della mia faccia inequivocabilmente mediterranea.

Ridevo delle mie vocali larghe anche se non mi piaceva indulgere nel dialetto identitario. Ero contenta di essere una piccola donna del Sud curiosa delle culture altrui, anche delle storie dei più forti, ma ancorata alle sue origini, a quel retroterra di fatiche e difficoltà ma anche di straordinarie bellezze e risorse che era racchiuso nella mia terra.

Sono ritornata in Calabria che in verità non avevo mai abbandonato perché avevo fiducia nel cambiamento, nel riscatto di una generazione assicurato da un lavoro scelto e qualificato, da uno spirito critico per poter discriminare, da una forte volontà di dimostrare che donne e uomini nuovi potevano disegnare una architettura sociale e politica e professionale diversa, libera. Ho sempre pensato che al di là degli stereotipi, dei luoghi comuni, la Calabria era Italia anche quando appariva particolare, lontana, diversa.

La scuola, l’università, la politica, il femminismo, la letteratura, mi hanno fatto sempre sentire cittadina del mondo. E ho avuto anche la fortuna di un testimone   prezioso, compagno per 50 anni di vita, Antonio Milano, una persona geniale, speciale per intelligenza, creatività, cultura ,umanità  che ho perso troppo presto per una terribile malattia. Insieme ad Antonio e ai nostri compagni e compagne di strada dicevamo Lamezia come Milano per dire che idee, lotte, aspirazioni, sensibilità, progetti, ci univano al resto dell’Italia, ci rendevano simili molto  più che differenti dagli altri nostri coetanei. Le parole, la musica, le lotte, la cultura, le aspirazioni di giustizia e uguaglianza e libertà ci rendevano attori di uno stesso processo, in ogni luogo. Eravamo tutti realmente connessi.

Tutto questo non è solo nella mia testa.

Basta guardare le foto, i filmati, i manifesti, i volantini, i documenti politici, i giornali di quegli anni. E quelle che  erano  le associazioni culturali, le sedi di partito, le radio libere, le televisioni locali, le manifestazioni contro i fascisti e i boia chi molla, per la pace, contro ogni guerra, contro gli F16 e il ponte sullo stretto, contro la centrale a carbone di Gioia Tauro e per una agricoltura biologica, le piazze colorate delle femministe per un mondo a partire da sé, per  i consultori e l’aborto libero e gratuito.  Alle elezioni prendevamo percentuali bassissime, qualcuno, qualcuna a mò di sentinella, riusciva anche a stare nelle istituzioni, mentre il nostro popolo  riempiva le piazze, i cinema, i teatri. Era corpo vivo di una Calabria migliore, piena di futuro, con giovani nuovi istruiti, consapevoli, anche colti, non più  servi,  politicizzati, soggetti della propria storia.

Non è bastato.

Scardinare il potere consolidato dei più forti, l’egoismo dei potenti, la penetrazione ndranghetistica e affaristica, l’uso strumentale dei problemi del sud da parte dei governi centrali, le leggi di una economia che non metteva al centro persone e ambiente e salute, era troppo arduo anche per le nuove generazioni del cambiamento, in parte poi riassorbite dai poteri dominanti, in parte disperse, separate nel proprio privato.

Così quelle giovani e quei giovani nuovi hanno in parte cambiato la propria vita, hanno anche segnato con le loro idee usi e costumi e culture e relazioni nella loro terra, ma non hanno vinto e non sono riusciti a trattenere i loro figli. E’ iniziata nuovamente la diaspora perché, proprio quando il mondo globalizzato metteva tutto a portata di mano, si dissolvevano le promesse di riscatto e di cambiamento, si perdeva soggettività,  e cosi di nuovo per studiare, per lavorare, per curarsi, si andava via. Chiudevano ospedali, tribunali, uffici pubblici, i pochi insediamenti industriali. Chiudevano scuole, stazioni ferroviarie, cinema, teatri. Ma si moltiplicavano i centri commerciali, gli sportelli bancari, le attività economiche fantasma, le discariche, le pale eoliche e le centrali elettriche e aumentavano le strade franate, i paesi dissestati, disabitati, i rifiuti interrati o sepolti nel mare, i consigli comunali disciolti per infiltrazioni mafiose, la disoccupazione, la povertà.

Oggi la Calabria progressivamente si spopola, aumenta la corruzione, il peso della ndrangheta,  si desertifica una regione , si desertifica la democrazia. Non è solo qui che avviene il disastro. La politica ovunque non è più partecipazione, idea di futuro, proposta di cambiamento. E l’esodo parte da qui ma continua altrove, portando le persone fuori dalla Calabria ma anche dall’Italia. Si perdono ovunque: lavoro, diritti, salute, servizi. Il Paese tutto si mostra fragile e indifeso di fronte ad alluvioni, terremoti, avvelenamenti industriali. Il pensiero unico del moderno capitalismo fa danni ovunque e interconnette in negativo gli estremi della penisola. E poi l’imprevisto, l’inaudito, la Pandemia.

Noi dobbiamo cambiare questa realtà che oramai inesorabilmente ci uccide.

Lo dobbiamo fare per primi noi calabresi che più facilmente di altri potremmo non farcela, che già in qualche modo, prima di ogni ufficiale autonomia differenziata, siamo stati sganciati, abbandonati, considerati scarto.

E Invece dobbiamo  e vogliamo vivere la Calabria come un corpo largo che ha bisogno di essere nutrito, accudito, messo in salute, promosso, valorizzato.

Ci sarebbe da fare tanto lavoro socialmente utile per mettere in sicurezza da terremoti, alluvioni, frane, smottamenti la nostra terra fragile, per rivitalizzare i suoi parchi, tra i più grandi e i più belli d’Italia, il nostro polmone naturale, per difendere le nostre coste e il nostro mare da cementificazioni, porti inutili, sversamenti di rifiuti,per rendere    abitati, accoglienti, i nostri  tanti piccoli paesi, borghi ricchi di storia e oramai senza vita. Ci vuole tanto lavoro per garantire a tutti e tutte salute,  cura delle malattie,  assistenza.

Ci vuole tanto lavoro  di cura per i bambini, le persone malate,quelle non autosufficienti

Ci vuole tanta consapevolezza per rispettare i percorsi di libertà delle donne, la loro autonomia, i loro lavori,la loro sicurezza.

Abbiamo bisogno di tanti lavoratori e lavoratrici: medici, infermieri, tecnici, operai, artigiani, commercianti, impiegati, agricoltori, imprenditori, geologi, ingegneri, architetti, insegnanti…

Abbiamo bisogno di donne e uomini nuovi con la cultura dell’accoglienza, del rispetto di ogni diversità, con le ali spiegate verso il futuro e lo sguardo attento rivolto al passato come l’Angelus Novus caro a Walter Benjamin, perché il passato parli al nostro presente e aiuti la costruzione del futuro.

Un’altra storia è necessaria, governata da un pensiero meridiano che incontra l’altro da sé, che trasforma i confini in ponti, che fa andirivieni tra il mare e la costa, tra diritto e rovescio, come diceva Franco Cassano anche lui purtroppo prematuramente scomparso.

Questa pandemia alla fine ci riconsegna a noi stessi,  ci isola ma ci fa pensare,  ci impaurisce e però ci dà il tempo di sognare, di desiderare l’autentico, il fondamentale, l’umano sentire.

Ripensare la Calabria. Partire dai suoi figli più fragili, ricostruendo un mondo di relazioni che li possa includere, restituendo loro visibilità, diritti, cittadinanza, partecipazione attiva alla costruzione della propria vita .

Vogliamo cose semplici: una volta si diceva pane terra  lavoro. E’ ancora così ma vogliamo costruire le parole e la politica per dirlo in forma nuova, per fare da protagonisti la nostra storia, per creare cultura, salute, armonia con il nostro ambiente, per lottare contro ingiustizie, soprusi  ,violenze di ogni tipo .

Ce la possiamo fare insieme a un candidato presidente Luigi De Magistris  che crede fermamente in questo riscatto, ce la possiamo fare con Mimmo Lucano che ha  testimoniato  con Riace che un’altra idea di convivenza è possibile, con le femministe e tutte le donne calabresi che cercano con coraggio di parlare per sé e per i diritti di tutti, con i giovani e le giovani che vogliamo far ritornare per ripopolare , per arricchire con i loro saperi questa terra bellissima, con i compagni e le compagne di una vita, resistenti e solidali, da anni impegnati contro ogni stereotipo che li vuole rassegnati e perdenti.

Ce la possiamo fare per creare una Calabria migliore, giusta, democratica, antifascista, solidale, multicolore

Viva il 25 Aprile, viva la Liberazione, viva la Calabria resistente, viva l’Italia

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