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Ruggero Pegna ricorda Pietro D’Ippolito

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Caro Pietro, ora che sei andato via almeno da qui, pensandoti, a tanti spunteranno insieme una lacrima e un sorriso. Tanti ricordi, pieni di gioia e nostalgia, stanno riportando molti agli anni irripetibili del tuo Blu, alle notti insonni sognando le cose più belle, davanti al tuo mare, sui tuoi scogli, con il futuro davanti accarezzato dal vento. Sei stata una delle persone più belle che abbia conosciuto, un poeta.

Pietro D'Ippolito Blu70Comunicato Stampa
Sì, perché la poesia si può scrivere con gli sguardi, con la tenerezza di un saluto e di un sorriso, con il movimento delle mani, con le utopie sviscerate fino all’alba e la speranza che qualcosa di straordinario possa accadere anche in terre difficili, dove chi fa è mal visto e costruire sogni è da matti!
Tu ne hai costruito tanti e li hai regalati a ragazzi e ragazze che non potranno mai dimenticare le emozioni del tuo ineguagliabile angolo di mare, i desideri chiusi in uno sguardo seguendo le tue stelle.
Sentirti parlare di quei luoghi, di tanta bellezza, mi incantava e fermava il tempo. Eri innamorato del tuo Blu, della vita e della sua magia. Ed hai fatto innamorare in tanti di tutto ciò che è bello, dolce e pieno di poesia.
Prima che iniziassi ad organizzare concerti, facevo radio e ricordo le notti trascorse attendendo le interviste agli artisti che venivano a trovarti, seduto su uno scoglio. Guardavo le onde infrangersi lente e sognavo anch’io; appuntavo brevi versi nella mente. Nacquero lì le mie prime poesie.
Ho conosciuto allora Gino Paoli ed ogni volta che poi l’ho incontrato, mi ha chiesto sempre di te.
“Come sta Pietro?”, me lo chiedeva sorridendo sotto i baffi, con lo sguardo pieno dei vostri segreti e un po’ di nostalgia. Ricordo la notte degli Spandau Ballet, il mio primo concerto. Con la tua generosità offristi la cena a tutti. E poi, i concerti che organizzammo al Blu insieme, nel ’95.
“Mi piacerebbe portare Peppino”, mi dicesti. Seguivo un’altra musica e impiegai qualche secondo prima di capire. “Di Capri?”. “Si, Peppino!”. Fu una serata magica, ma ti addormentasti nel tuo stanzino prima che finisse. Ero venuto per fare quattro conti, ma ti lasciai dormire col sorriso disegnato sul tuo volto, felice e stanco.
Ricordo il tuo Premio Calabria Natura con Bob Geldoff e Grace Jones, di cui andavi orgoglioso da vero precursore di idee e progetti per la valorizzazione di quei luoghi e dell’intera regione.
Hai continuato a parlarmene per anni, ad ogni casuale incontro, come se parlassi di una tua creatura. Ascoltavo la tua delusione per i mancati aiuti a quel progetto, per le tante difficoltà. Chiudevamo sempre con una smorfia di rammarico per quello che la Calabria potrebbe essere e non è. E poi, quel dispiacere per la chiusura del tuo angolo di cielo che, però, non trasformavi mai in cattiveria o rabbia. Non sapevi odiare, fiducioso che tutto potesse cambiare. Salutandoci stringevamo le labbra, alzavamo le spalle e ci davamo un bacio. “Salutami Ninfa!”, mia madre e tua cugina. Quando hai saputo della mia leucemia mi hai fatto chiamare da Paoli, per farmi convincere a curarmi a Genova. Sempre affettuoso, persona d’altri tempi, di altre dimensioni di pensiero e sentimenti.
Caro Pietro, ricorderò la tua serenità, la tua ironia, la capacità di dare alla vita il senso giusto, quello in cui l’amicizia è un valore, la poesia e il sorriso le migliori terapie per vivere, magari accompagnati da quel pizzico di malinconia che, alle persone speciali, fa sempre compagnia.
Ora che sei nel blu dipinto di blu, sono certo che sarai felice di stare lassù e, magari, starai pure canticchiando questo ritornello.
Ciao Pietro, il premio lo organizzeremo lì. Scegli un nuovo angolo di Paradiso da riempire di allegria, gioia e di un pizzico di follia. Sono certo che, con i tuoi modi, convincerai anche gli angeli a ballare il twist e poi ti addormenterai su una nuvola, stanco e felice, come quella notte.

Ruggero Pegna

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