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Sabato del Villaggio: Pietrangelo Buttafuoco raccontato da una studentessa del Fiorentino

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Pietrangelo Buttafuoco

Il riferimento a Leonardo Sciascia è d’obbligo per il legame alla Sicilia terra natia di Pietrangelo Buttafuoco, primo ospite della XVI edizione 2022 del Sabato del Villaggio

Il direttore artistico, Raffaele Gaetano, ha provato a stimolare l’artista, ma è bastato poco ad accendere il suo entusiasmo per la vita passata, raccontata nelle sue storie fantastiche e a volte posticce del secondo dopoguerra quando un barone di dubbia nobiltà sposa una Principessa portandola a Leonforte, un paese dell’entroterra della Sicilia. Però l’autore partito dal passato, è tornato al presente con l’euforia scaturita dall’incontrarsi tra le persone per poi rivolgersi alla platea attenta della sala vescovile che ha ricambiato con battute di mani e sorrisi contagiosi.

Buttafuoco è anche un giornalista, anche se ama definirsi, artista a tutto tondo; Raffaele Gaetano attraverso una domanda tagliente ha spronato l’ospite a tracciare un quadro della crisi d’identità di ciascun rappresentante di categoria quale il professore o il maresciallo dei tempi che si sono plasmati ai giorni odierni perdendo originalità e autorevolezza. Ad avere più risalto è senza dubbio la figura del giornalista che oggi ha perso lo smalto, perché i compromessi sono tanti. Durante i tre anni di pandemia ha prevalso il principio di non contraddizione; nella guerra odierna, una censura dell’informazione mentre in linea di massima rimane un mestiere servizievole dei poteri.

Buttafuoco su sollecitazione ha iniziato ad addentrarsi nel romanzo le cui recensioni stimolarono Raffaele Gaetano alla lettura del testo animato da personaggi a volte fantastici a volte storici; un romanzo in cui si esalta la potenza della scrittura ma anche il genio della contemporaneità; l’autore è riuscito poi a fare una distinzione tra la pagina di un libro e un post dei social, quasi a dimostrare che le fotografie si leggono e le pagine dei libri si guardano; non è stata una similitudine complementare ma un paradosso per ricordare ai giovani  frettolosi che si intrattengono sui social di avere perso lo stimolo alla  lettura, l’unico che accende la fantasia.

Nel romanzo Sono cose che passano si racconta la vanità delle cose, il ritorno alle cose; lo scrittore nella sua disamina invita a farsi carico dell’esperienza che non necessariamente deve passare dai lasciti dei grandi filosofi; passo dopo passo l’esperienza può fare tesoro della quotidianità perché è eterno tutto quello che resta e a rimanere è quello che ami.

Il pensiero nasce dall’esperienza quotidiana; guardarsi dentro mentre si guarda fuori in un viaggio in treno o in macchina, tutto quello che passa dai nostri occhi è un raccontarsi.

Anche sui nostri cuscini al risveglio dai bei sogni o incubi troviamo briciole di angosce o sorrisi. È un esercizio continuo, perché possiamo credere o non credere in qualcosa come la fede anche se di solito chi non crede in niente crede in tutto. Il romanzo non è fatto solo di personaggi ma anche di luoghi come Cefalù e Capo d’Orlando.

La percezione dei luoghi è oggi cambiata rispetto agli anni 50 ma non per l’autore dove il passare del tempo rispetto ai luoghi appare cristallizzato; secondo l’autore gli anni 50 erano più ricchi dal punto di vista esistenziale, tanto da non esserci differenza tra centro e periferia; soprattutto non ci si meravigliava di nulla perché l’abitare era anche libertà perché ad essere centrale era l’uomo.

Nel romanzo c’è un personaggio non consone alla Cefalù del tempo che niente aveva a che fare col territorio, un barone inglese nello specifico, una comparsa ambigua, una personalità eccentrica, un personaggio nemmeno colto; Raffaele Gaetano infatti mette in rilievo che non azzecca, ma l’autore giustifica la comparsa perché rappresenta quel tipo di uomo che ancora sopravvive nei tempi e nei riti che si fondano nello sciupare le femmine. Ci sono anche tre fratelli ad essere rappresentati: i fratelli Piccolo, costretti alla vita nobiliare; personaggi fondamentali a rappresentare anche la fragilità di quel mondo che non riesce a comunicare con il mondo esterno; durante l’incontro Buttafuoco si è dimostrato anche un bravo attore; riesce a raccontare quello che scrive con estrema facilità, si identifica nei propri personaggi, non è scollegato.

Buttafuoco spesso ha citato Franco Battiato, proprio per la libertà che ha manifestato nel credere e non credere in determinate cose; come per dire che attraverso il suo romanzo Sono cose che passano a rimanere nell’esercizio del pensiero sono le cose che rimangono, che si amano.

Pietrangelo Buttafuoco

L’autore ha avuto modo di confrontarsi e rispondere ai dubbi, le curiosità, del pubblico, anche di quello più giovane. Quest’ultimo incantato dalla lettura e invogliato, in particolare modo, dalle figure femminili presenti nel romanzo, figure che, a detta dello stesso autore, risultano avere una potenza, una forte identificazione, proprio per quella consapevolezza di sé e per quella capacità di essere comando e non solo moglie di.

Queste figure, ha avvertito l’autore, vanno inserite in un certo periodo storico, in un contesto ben delineato in cui il sesso non traccia precisamente il destino di qualcuno, il dover essere e fare perché donna.

Incanta anche la scelta di un finale duplice, finale che viene motivato dall’autore con la dualità tra realtà e verità, due binari distinti che viaggiano in parallelo: realtà è morte, oggettività, apatia, semplice fotografia, mentre verità è trascendentale, soggettività, sentimento, poesia.

Rebecca Cristaudo

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