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Sanità a Lamezia tra Covid, disservizi e burocrazia affetta da paralisi cronica

4 min di lettura

Sanità a Lamezia, storie di ordinarie inefficienze e disservizi, tra Covid e burocrazia

Vivere in Calabria significa scalare ogni giorno ostacoli insormontabili fatti di cavilli, attese e formalismi burocratici che si accompagnano, generalmente, ad un apparato amministrativo carente e penalizzante, che rallenta o rende impossibile far valere qualunque tipo di diritto, e limita ogni prospettiva di cambiamento. Parola d’ordine, disorganizzazione!

No, non è un luogo comune. E non si tratta neppure di quell’atteggiamento di arrendevolezza e rassegnazione che tipicamente ci identifica.

È solo la consapevolezza con la quale convive, anche pacificamente, chi risiede a sud della Capitale. Perché così stanno le cose, e tutti lo sanno.

La diffusione incontrollata del Covid poi, ha paralizzato completamente ogni sistema e ufficio pubblico, in un contesto già sfavorito dai commissariamenti e dall’assenza dello Stato.

Persino aderire alla campagna vaccinale è per molti particolarmente arduo, a cominciare dall’accesso alla piattaforma informatica per le prenotazioni, passando per le più disparate sedi in cui i lametini, spesso, sono costretti a recarsi per ricevere le somministrazioni, e finendo con la totale assenza di trasparenza sui dati che riguardano l’andamento della campagna vaccinale.

A raccontarci l’ennesima disavventura nell’inferno della sanità calabrese è Alessandra: un’altra voce che si unisce al coro del malcontento e dell’amarezza per come è ridotto il nostro sistema sanitario.

“La nostra disavventura è iniziata un mese e mezzo fa quando ho provato a prenotare mia madre, anziana inserita negli elenchi dei soggetti fragili, sulla piattaforma gestita da Poste italiane. Mi sono accorta che la sua tessera sanitaria era scaduta e mi sono subito attivata per rinnovarla.

Mi sono recata all’Agenzia delle Entrate, dove mi hanno informata che i tempi d’attesa, per riceverla, erano lunghi (circa 25 giorni). Dopo qualche giorno sono venuta a sapere che si può richiedere all’Asl una tessera sostitutiva per procedere alle prenotazioni per il vaccino.

Ho deciso così di andarci l’indomani, a mattinata inoltrata, per avere delucidazioni. La fila fuori era già lunga e la porta sbarrata. Pioveva. Solo un avviso affisso: “Orario di ricezione al pubblico dalle 11.30 alle 12.30”.

Nel frattempo si erano radunate oltre cinquanta persone, un bell’assembramento!

Trascorsa un’ora finalmente è arrivato qualcuno che, dietro una vetrata, ha comunicato che quel giorno si sarebbe occupato esclusivamente di esenzioni e ticket E01. La maggior parte, come me, stava quindi attendendo a vuoto.

Nessun’altro era disponibile a prendere in carico altre questioni relative alle istanze degli utenti.

Tramite informazioni ricevute per vie traverse, e varie chiamate, scopro che la tessera di mia madre era in giacenza in una posta privata, alla quale l’Agenzia delle Entrate si rivolge per ricevere le nuove tessere. Risolvo quindi il primo problema, non grazie all’Asl.

Riprovo a prenotarla, ma la piattaforma non me lo permette, il codice sembra non funzionare.

Decido di inviare un sms al numero verde, e vengo ricontattata 72 ore dopo da Roma, che mi ha dato, finalmente, un appuntamento al Pugliese-Ciaccio di Catanzaro.

Tiro finalmente un sospiro di sollievo, ma mi chiedo come facciano le persone anziane e fragili ad affrontare tutte queste difficoltà. Soprattutto se non hanno nessuno accanto che le aiuti.

Perché dobbiamo sempre essere trattati come carne da macello?

Qual è il rispetto per la dignità delle persone da parte di un ente – a Lamezia – che non è capace di gestire neanche il flusso in ingresso? Come può offrire un servizio informativo di base senza costringere a trattamenti disumani?

Perché dopo un anno non siamo ancora preparati a far fronte a questa situazione e alla gestione delle vaccinazioni, avendo come unico riferimento una piattaforma inverosimilmente inaffidabile?

Chi non ha amici negli uffici che contano come fa a sopravvivere ogni giorno a tutto questo?”.

Chi può rispondere a queste domande? Ci chiediamo noi.

Per quanto ancora dovremo faticare per restare a galla in un mare, come il nostro, sempre in tempesta? Arriverà qualcuno a salvarci?

Inizieremo mai a nuotare?

 

 

Maria Francesca Gentile

 

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