Sanità e pazienti non Covid ai tempi dell’emergenza: voce agli esperti
4 min di letturaOspiti della dodicesima puntata de La bella stagione di Maria Scaramuzzino e Nadia Donato, i luminari della medicina Francesco Cognetti e Ciro Indolfi, rispettivamente oncologo e cardiochirurgo di fama internazionale.
Mentre il Coronavirus sconvolgeva senza preavviso una disarmata e da sempre colpita sanità, riempendo gli ospedali e uccidendo più di trenta mila infetti solo in Italia, i pazienti non Covid smettevano di curarsi.
“I pazienti con infarto miocardico si ricoverano meno, le ospedalizzazioni sono inferiori del cinquanta per cento e la mortalità per infarto si è triplicata – ha riferito il prof Ciro Indolfi, presidente della società italiana di Cardiologia, CNR UMG, direttore UOC UTIC e direttore del centro di ricerche malattie cardiovascolari Unicz.
Questa situazione ci ha riportati indietro di vent’anni, vanificando gli avanzamenti nella terapia e nelle strategie mediche che ci consentono di vivere fino a cinque anni di più”.
La riduzione dei ricoveri in emergenza è legata a più fattori: la paura del contagio, la necessità dei sistemi di emergenza di focalizzarsi sul virus riducendo la possibilità di accesso agli ospedali, e infine, i tagli che la politica esercita indiscriminatamente da anni.
“Dobbiamo porre le basi per una sanità diversa. Abbiamo strutturato un gruppo tecnico di lavoro composto da ematologi, oncologi, cardiologi, infettivologi e immunologi, e stilato un documento di proposte inviato al ministro della salute – ha continuato il prof Francesco Cognetti, direttore del dipartimento di oncologia medica dell’Istituto Nazionale Regina Elena e primario della divisione oncologia per lo studio e la cura dei tumori a Roma.
Il rischio è che si riparta con iniziative regionali e disorganiche, anzichè centrali”.
Il Coronavirus ha dimostrato quanto debole sia il nostro sistema sanitario a causa dei tagli alle risorse, alla ricerca e al personale (“col piano di rientro non si potranno avere nuovi medici per almeno dieci anni”): ma la politica adesso sa che bisogna investire di più nella sanità.
“Quello del virus non è un capitolo superato, si aspetta una nuova ondata da settembre. Il vaccino sarà disponibile presumibilmente nella primavera 2021, e non c’è ancora una terapia efficace. Siamo inoltre in debito con gli anziani, non siamo stati riconoscenti con la generazione che ha costruito l’italia.
In questo clima e col personale ridotto, dovremo riorganizzare gli ospedali, recuperare i pazienti che non sono stati visitati e gestire i nuovi” – ha spiegato il prof Indolfi.
“Per evitare gli affollamenti ci avvaliamo della telemedicina, laddove non è necessaria la visita fisica del paziente. La cardiologia si presta molto. Ma non è applicabile a tutti e non può sostituire il rapporto medico-paziente.
In quest’ottica, i medici di famiglia hanno un ruolo fondamentale: sono il primo step per i pazienti Covid, che non devono recarsi direttamente in ospedale, e assicurano la continuità assistenziale.
Questa deve essere la medicina del futuro: rafforzare la medicina pubblica del territorio, creare strutture periferiche e istituire le figure degli infermieri territoriali”.
Il virus ha scosso i sistemi sanitari, trovando impreparata persino l’OMS, che in una prima fase non ha fornito informazioni corrette persino in merito all’uso delle mascherine. “Ma quali sono realmente le conseguenze del virus sui pazienti oncologici o affetti da patologie cardiache?” – hanno chiesto le giornaliste agli esperti.
“E’ scientificamente dimostrato che quando un paziente è affetto da cancro, soprattutto se in trattamento con farmaci che inducono una mielodepressione, ha una prognosi nettamente peggiore, una incidenza di effetti collaterali importanti e maggiore mortalità rispetto agli altri.
Nel caso della cardiologia, il Covid colpisce il cuore nel venti per cento dei casi, causando un infarto. Tutti i pazienti con patologia cardiaca hanno dimostrato un aumento della mortalità”.
E infine: “L’Italia è al passo con i tempi nella cura delle patologie cardiache ed oncologiche?”.
“Oggi non c’è la necessità di emigrare. Per quanto riguarda la cardiologia anche la Calabria è mediamente di qualità elevata. Per l’oncologia si fa riferimento a parametri fissi: il numero di pazienti complessivamente affetti dalla malattia e i pazienti lungo-sopravviventi, parte dei quali possono essere considerati guariti. I dati ci fanno collocare in Europa tra i paesi che hanno le migliori performance, in Italia ci sono un milione e mezzo di lungo-sopravviventi”.
Ma non basta. Bisogna creare degli ospedali che diano delle risposte nelle regioni: basta con i meridionali che si spostano al nord per essere curati da medici del sud”
Maria Francesca Gentile