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SANREMO 68. pt.2: “e lui come sta?”

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Al giro di boa si, si può dire: Baglioni ha vinto (anche) con Sanremo.

A parte ogni -pur doverosa- considerazione auditel, con oltre il 55% di share e con il traguardo del Sanremo più visto degli ultimi anni, il Claudione nazionale non fa una piega: azzecca gli interventi degli ospiti, crea un’irresistibile, inedita e inaspettata coppia comica con Favino, ma soprattutto riporta con sobrietà la musica al centro del programma musicale per eccellenza.

E per un po’ smettiamo di ascoltare chi, per motivi anagrafici o di opportunità modaiola, salta sulla sedia appena sente la parola “sanremo”, a chi denigra per partito preso la musica italiana, a chi si rifiuta di riconoscere dignità alle canzonette o al pop -contaminato, sporcato, declinato, ma sempre pop è. Intanto, la terza serata è stata la più vista dal 1999, sintomo di una fidelizzazione del pubblico che a nessun direttore artistico o conduttore era riuscita da tanto, troppo tempo.

Certo, questo terzo atto è stato a furor di popolo un Baglioni Show (con buona pace dei The Jackal e dei loro video virali quanto irresistibili): il pubblico in sala Ariston notoriamente imbalsamato balla e applaude spontaneamente, lo share s’impenna, i giornalisti vanno in solluchero e la Siae ringrazia, mentre Claudio sciorina i suoi cavalli di battaglia e quando canta non ce n’è per nessuno, mentre tra una canzone e l’altra salgono sul palco Gino Paolo e Memo Remigi con omaggio commovente ad Umberto Bindi -sacrosanto tributo alla storia vera, intelligente e sanguigna del nostro dna musical-,

James Taylor e Giorgia -spazio al virtuosismo-, Nino Frassica e Claudia Pandolfi -siamo pur sempre in Rai, via-, i Negramaro -che purtroppo, sempre bravissimi con Sangiorgi voce sovrana, dimostrano la loro china discendente- Virginia Raffaele e ancor prima il Mago Forest, Fiorello, comici azzeccatissimi che rubano il palco (Rosario) o azzerano i tempi morti con sketch irresistibili e mai sotto il livello di guardia (del buon gusto… e non è così scontato).

Insomma, un Festival della canzone italiana che mette in fila le sue migliori cartucce, o quantomeno quelle messe a sua disposizione: e arriviamo alle canzoni.

Senza stare di nuovo a sciorinare giudizi opinabili e personalissimi: continua a stupire come la canzone con l’anima rock di Red Canzian continui a non piacere alle giurie, così come continua a stupire come nonostante (o proprio per questo?) le polemiche su plagi e simili, Ermal Meta e Fabrizio Moro con il loro buonismo d’accatto continuano a mietere consensi popolari e non solo; i pezzi migliori, con qualche ascolto in più, continuano ad essere quello di Barbarossa, Roy Paci, Vanoni, Annalisa, Max Gazzè. E non pochi giovani, come Mirkoeilcane, Alice Caioli e Lorenzo Baglioni – e questo senza tenere assolutamente in nessun conto pronostici o previsioni, il cui tradimento fa parte ormai della tradizione festivaliera.

Qualche parola da spendere poi sul comparto dei conduttori: se la Hunziker era una certezza, a stupire maggiormente sono stati, imprevedibilmente, Favino e Leo. Uno sul palco principale, l’altro su quello più casual del dopo festival, hanno saputo mostrare una verve non indifferente e una tenuta invidiabile, scongiurando ogni pericolo di noia e soprattutto adeguandosi agli imprevisti della diretta e alla tensione del palco dell’Ariston. Favino, in particolare, sa stare accanto a chiunque come ottima spalla ma sa anche riempire il palcoscenico da solo, professionale sia in modalità istituzionale sia in quella più informale.

Il venerdì la serata più attesa, con duetti da seguire con attenzione e altri grandissimi nomi (la Turci, Midge Ure, Avion Travel, Skin -!!-, Cammariere, Serena Rossi, Giusy Ferreri, Alice -!!!!!!-, Tullio De Piscopo: insomma, un assemblaggio che fa invidia alla selezione principale). Ma il guado è passato, il dado è tratto.

Pace.

2-continua-

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