Sapia (M5S): la Calabria ha una Sanità in coma e occorre salvarla
7 min di letturaIl decreto legge in fase di conversione nasce per rispondere a un’esigenza fondamentale, ignorata dai governi nazionali precedenti
Comunicato stampa
La Calabria ha una Sanità in coma e occorre salvarla. La causa è nota da troppo tempo: mi riferisco al perpetuo utilizzo politico-elettorale dell’organizzazione dei servizi e della gestione del personale.
Molti medici, infermieri e operatori socio-sanitari sono mortificati nella loro professionalità e costretti a turni massacranti. Pazienti e utenti non possono avere risposte e devono emigrare per curarsi. Ciò ultimo costa alle casse regionali 320 milioni all’anno, senza contare le spese e i sacrifici affrontati da intere famiglie.
Badate, le cause del declino del Servizio sanitario calabrese sono state certificate nel 2008 – quindi 11 anni addietro – dalla commissione ministeriale che ha indagato sulla malasanità in Calabria, inviata dopo l’assurda morte dei minori Federica Monteleone, Flavio Scutellà ed Eva Ruscio.
Quella commissione rilevò tre grandi problemi: subordinazione dei manager alla politica, appetiti criminali e diffuse incapacità gestionali. I governi
regionali di centrodestra e di centrosinistra hanno complicato la situazione, con il contributo decisivo dei loro referenti a Roma, che non hanno mosso un dito, hanno chiuso gli occhi e permesso abusi, irregolarità, sprechi, ruberie e porcherie a ciclo continuo.
Da allora non è cambiato nulla; anzi, le cose sono molto peggiorate. I Punti nascita calabresi sono insicuri; ci sono accreditamenti di strutture ospedaliere dati al di fuori delle regole ordinarie; manca tanto personale; il disavanzo sanitario è cresciuto a dismisura; non c’è certezza e trasparenza sui conti; il 24 maggio scorso è stato notificato alla Regione il divieto di legge di assumere nuove risorse umane, per rimuovere il quale abbiamo approvato un emendamento specifico; l’Asp di Reggio Calabria è stata sciolta e commissariata per infiltrazioni mafiose e nelle altre Aziende si registrano irregolarità spaventose, tipo primari senza requisiti, collocazioni arbitrarie e perfino medicazioni ortopediche con cartone da imballaggio.
Il nostro governo doveva intervenire, e l’ha fatto. I direttori generali delle Aziende del Servizio sanitario calabrese hanno fallito, producendo gravi disavanzi, squilibri e dunque disservizi pesantissimi. Questi manager sono stati nominati, premiati e confermati dal governatore regionale in carica, quel Mario Oliverio che si proclama incolpevole, che accusa gli altri e non guarda mai a sé stesso, alle sue responsabilità, ai suoi errori senza fine.
Oliverio ha decretato nomine di vertice illegittime, come chiarito anche dall’Anac, su denuncia della collega Dalila Nesci, del Movimento 5 Stelle.
Va aggiunto che il governatore si è scelto un consulente personale, Franco Pacenza, che partecipa senza titolo alla conferenza Stato-Regioni. Nel merito Oliverio ha proceduto senza rispettare la legge, cioè senza verificare se nell’organico regionale ci fossero professionalità cui ricorrere per questo incarico. Peraltro lo stesso Oliverio ha ignorato che Pacenza non è iscritto a un albo professionale e non è docente universitario, ma ha dalla sua una lunga militanza nel Pd e un’esperienza in Consiglio regionale che gli frutta oltre 7mila euro al mese di vitalizio.
Inoltre, Oliverio ha omesso di avviare la decadenza dei direttori generali responsabili di perdite di bilancio. Non solo, costoro hanno preso un bel premio di produttività, alla faccia delle norme vigenti, del buon senso e della logica.
Negli ultimi 20 anni la Sanità calabrese è stata gestita da appena 16 manager: gira e volta sempre gli stessi, sopravvissuti alle tornate elettorali e ai governi regionali che si sono avvicendati.
Per questo servivano nuove regole, che levassero al presidente della Regione il potere di proseguire nello sfascio. Ecco perché la ministra della Salute, Giulia Grillo, ci ha messo la faccia, ascoltando istanze che con la collega Nesci abbiamo sempre avanzato: di legalità, pulizia e normalizzazione del Servizio sanitario regionale.
Il provvedimento che oggi rivediamo e discutiamo è nato dalla sensibilità e responsabilità della ministra Grillo; dalle nostre denunce pubbliche e alla magistratura; dalla partecipazione di tutto il governo nazionale, che ha scelto di andare incontro ai calabresi, di cambiare rotta, di impedire appalti truccati per beni e servizi sanitari, di potenziare i relativi controlli e di vigilare con le forze dell’ordine sulla spesa sanitaria calabrese, finora lasciata troppo spesso al libero arbitrio e finalizzata a favorire amici, compari e carriere politiche sicure.
Abbiamo visto che la stampa e la vecchia politica si sono subito attivate, diffondendo critiche senza analisi e senza memoria. È ovvio: quando il sistema si sente attaccato, reagisce screditando, delegittimando e raccontando falsità senza limiti.
Qualcuno ha anche avuto il coraggio di scrivere che sono stati dettati dalla Casaleggio Associati i nomi proposti dalla struttura commissariale del governo per la direzione delle Aziende del servizio sanitario calabrese. Qualcuno ha detto che il decreto legge prossimo alla conversione non contiene misure adeguate. Altri ci ha accusato di fame di poltrone.
Cari colleghi, allora diciamocela tutta. Le professionalità sanitarie della Calabria sono state indotte ad andarsene o a lavorare ai margini. Eppure l’improntitudine del governatore Oliverio è stata tale da modificare la realtà. Egli ha significato che il decreto legge di cui oggi ci occupiamo mortifica le intelligenze e competenze della regione.
Oliverio avrebbe dovuto tacere per rispetto dei calabresi, dato che a Crotone i suoi fedelissimi hanno perseguitato un primario chirurgo, Giuseppe Brisinda, che ha titoli, pubblicazioni e numeri di eccellenza. Gli accusatori di questo medico hanno sempre campato grazie alla miopia del sistema politico dei vecchi partiti. Alcuni di talieredi di Catone hanno raggiunto posizioni apicali grazie a concorsi interni; altri hanno avuto incarichi di rilievo perché i loro referenti politici hanno cambiato o calpestato le regole del gioco.
E che cosa dire dei soggetti nominati dallo stesso Oliverio alla guida delle direzioni aziendali? Ce n’è per tutti i gusti, altro che personaggi in cerca d’autore! C’è chi, tra costoro, ha deliberato concorsi a primario non autorizzati dalla struttura commissariale; chi non aveva i requisiti minimi di legge; chi in Zona Cesarini ha deliberato l’assegnazione sospetta di ruoli dirigenziali ad amici e signore di palazzo; chi ha ripetutamente sforato bilanci aziendali; chi ha fatto carriera anche grazie al proprio partito; chi ha consentito procedure inammissibili; chi si è reso sordo, muto e cieco, nonostante le nostre diffide, i ripetuti richiami e la degenerazione quotidiana.
Il collega Antonio Viscomi, del Partito democratico, argomenta sul piano puramente teorico contro il decreto legge oggetto della nostra discussione. «Tutte le teorie sono belle – diceva un famoso neurologo francese – ma non impediscono ai fatti di esistere». E i fatti della Sanità calabrese sono spesso tragici, più che drammatici. Purtroppo, ricordava il compianto giornalista e direttore Paolo Pollichieni, «in Calabria la realtà supera di molto la fantasia».
Dovremmo chiederci perché ad un aumento vertiginoso del disavanzo sanitario corrisponde una caduta verticale dei Lea. E dovrebbe darci qualche risposta anche il precedente commissario ad acta, Massimo Scura, che durante un’iniziativa pubblica disse che i magistrati non devono occuparsi di sanità. Si tratta dello stesso personaggio, Scura, che ora dà lezioni morali e politiche andando in giro per conferenze, come se non avesse avuto alcun ruolo nell’espansione del disavanzo sanitario regionale e come se fosse immune da responsabilità, anche pesanti.
Allora, qui va fatto un discorso in primo luogo di coscienza, atteso che la collega Nesci ha dimostrato negli anni l’inadeguatezza delle regole e delle verifiche sul piano di rientro, segnatamente alla regione Calabria.
Il governo nazionale in carica ha saputo comprendere il momento, che è di assoluta emergenza, e ha decretato le prime misure straordinarie, togliendo a Oliverio il potere e la responsabilità sulla gestione delle Aziende del servizio sanitario calabrese sanitarie, ma comunque sforzandosi di portarlo verso un’intesa istituzionale che il governatore non riesce a comprendere, accecato dalla brama della propria ricandidatura.
Era necessario bloccare l’utilizzo della Sanità regionale come bancomat. Era necessario aumentare i controlli sugli acquisti. Era necessario creare un collegamento istituzionale sul fronte dell’anticorruzione e dell’attività antimafia per l’intero sistema sanitario calabrese. Perciò il governo ha agito con risolutezza, con determinazione, con la coscienza pulita; al netto dei rigurgiti degli avversari politici, che avrebbero voluto esercitare ancora le loro pesanti influenze sulla concreta gestione dei servizi sanitari.
I calabresi hanno capito e sono dalla nostra parte. Esprimo il mio apprezzamento per il lavoro fin qui svolto in questo delicato ambito e ringrazio quei colleghi, di altre forze politiche, che vorranno condividere le necessità qui riassunte e adoperarsi per migliorare questo disegno di legge di conversione, rinunciando a pregiudizi e ad atteggiamenti denigratori che mi paiono lontani anni luce dal bene comune e dall’obiettivo, dal dovere primario di sanare la Sanità calabrese.
Francesco Sapia