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Scritture visive: Angelo Maggio e il ruolo della fotografia nel teatro

4 min di lettura

Nella personale di Angelo Maggio, inserita all’interno dell’evento “Lo sguardo e la veduta – dialoghi di nuova editoria teatrale“, in programma al Tip Teatro di Lamezia, si affronta un tema fortemente dibattuto negli ultimi anni riguardante la valenza della fotografia.

Qual è il ruolo del fotografo di scena e della fotografia nel teatro? In una interessante chiacchierata con Angelo Maggio capiamo che gli aspetti legati a questi due settori aprono ad infinite possibilità.

Protagonista della personale “Scritture visive”, inserita all’interno della rassegna Lo sguardo e la veduta – dialoghi di nuova editoria promossa dal Tip Teatro dal 17 al 23 maggio maggio 2021, l’autore ci propone una serie di scatti realizzati a livello amatoriale durante alcuni spettacoli teatrali che ha avuto modo di visionare, interrogandosi sul tanto dibattuto tema della fotografia in ambito teatrale.

Se da una parte il teatro si presenta come una forma antica di arte che fonda le sue radici su concetti stereotipati tradizionali, soprattutto in ambito italiano, dall’altra abbiamo una continua evoluzione dell’arte fotografica sempre più in linea con i social, tanto da renderla appannaggio accessibile ai più.

Perché se dobbiamo effettivamente mettere a nudo i pro e i contro di un uso così spregiudicato della fotografia odierna, non possiamo non pensare a come, non tanto l’uso del digitale, ma l’introduzione dei social network abbiano fortemente influenzato la produzione e la pubblicazione della fotografia online.

E qual è l’uso che ne fa il teatro? Sarebbe una riflessione interessante da affrontare sia da un punto di vista tecnico che etico, in realtà.

Ad oggi, basta cliccare sui motori di ricerca e spulciare le immagini associate agli eventi teatrali e ci si accorge che la qualità delle opere è davvero scarsa, quasi improvvisata; forse perché il teatro è troppo povero per investire su un fotografo professionista che lavori nel e per il cast? Sicuramente i fondi destinati a questo tipo di attività non sono gli stessi che erano riservati fino a qualche decennio fa e la differenza si sente ed è notevole.

Mentre per quanto riguarda gli impedimenti tecnici, sono presenti una serie di compromessi che sicuramente sono largamente superabili dall’avanzamento tecnologico; basti pensare anche al tipo di illuminazione presente nelle scene che in realtà non è più un impedimento ma può essere corretta in sede di editing, oppure la scelta dei punti di ripresa senza ostacolare la visuale del pubblico. Quest’ultimo in realtà è tranquillamente ovviabile, proprio perché gli eventi teatrali sono studiati  e pensati perché se ne possa godere da ogni angolazione, quindi il punto di ripresa può essere quello che ci è più congeniale, mentre per superare l’ostacolo relativo alla libertà di movimento basta posizionarsi in fondo al teatro e lavorare con i teleobiettivi.

Un altro aspetto da non trascurare, da quello che apprendiamo, è di non dare per scontato, malgrado il peso dell’attrezzatura, che il fotografo possa lavorare a mano libera; è necessaria una postazione con cavalletto perché il peso dell’attrezzatura a lungo tempo stanca e per ottenere una buona fotografia la stanchezza non deve insediarsi mai nello spirito di ripresa; in più la possibilità di avere la macchina su cavalletto fornisce dei momenti di riflessioni che inducono a “pensare” alla foto, ponderarla e sceglierla così che sia assolutamente rappresentativa.

E come si sceglie la scena da ritrarre?

La scelta del momento  in cui scattare è difficilissima – ci spiega Angelo Maggio – io personalmente ho seguito un corso di scrittura teatrale tenuto da Michele Santeramo durante il quale ho imparato a cogliere i cinque momenti fondamentali che identificano una sceneggiatura e le permettono di avere una sua evoluzione e mi affido a questi. Il problema sta nel fatto che ci sono scene fotografabili e altre no, come nel caso dei monologhi per esempio, oppure dell’impossibilità di riprodurre i suoni e i movimenti tipici del teatro, ma assenti nella staticità di una foto. Un vantaggio, invece, sta nel non dover comporre la scena, ci ha già pensato il regista, ma qual è quella immagine iconica che effettivamente potrebbe essere rappresentativa per il regista? Credo che il fulcro del problema sia proprio questo: il fotografo di scena deve prestarsi al teatro e deve essere al servizio del regista in tutto e per tutto“.

Felicia Villella

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