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La scuola multiculturale: intervista al prof. Muraca dell’IPSSAR Luigi Einaudi

5 min di lettura
IPSSAR Luigi Einaudi

A margine della presentazione del Dossier immigrazione 2022, tenutosi qualche giorno fa nei locali del Seminario vescovile di Lamezia Terme, a cura della dottoressa Roberta Saladino, demografa UNICAL e Referente Regionale IDOS, abbiamo rivolto alcune domande al prof. Giovanni Orlando Muraca, docente presso l’IPSSAR “Luigi Einaudi”, scuola con una forte presenza di alunni stranieri, che ha relazionato sullo stato dell’arte della scuola interculturale:

Professore Muraca, partendo dalla sua esperienza, qual è la situazione della scuola in rapporto agli alunni stranieri?

Premetto che è argomento delicato e con mille sfaccettature, ma cercherò di fare sintesi. Le direttive ministeriali forniscono, per gestire le situazioni di difficolta di apprendimento, una macro categoria quella dei BES (Bisogni educativi speciali). In questo contenitore confluiscono le situazioni più disparate che vanno dalle più gravi patologie, ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento certificate fino ad arrivare a difficoltà dovute a mille cause diverse (linguistiche, economiche, ambientali, sociali, familiari). Gli alunni stranieri rientrano in questo grande calderone e si predispone, dove si ravveda la necessità, un PDP (Piano Didattico Personalizzato).

Ma quindi non ci sono delle direttive specifiche per gli alunni stranieri?

Un paio di anni prima della pandemia, nel 2018, su indicazioni del MIUR, in tutte le università italiane, nei dipartimenti di Lingue e Scienze dell’Educazione, sono stati attivati dei Master post laurea per tracciare la cosiddetta “via italiana alla interculturalità”. Io personalmente ho frequentato e conseguito quello organizzato dal prof. Spadafora all’UNICAL dal titolo “Organizzazione e gestione delle istituzioni scolastiche in contesti multiculturali”.

Cosa è venuto fuori da questo master?

Innanzitutto è stata un’esperienza molto interessante dove circa cento docenti, di vari gradi scolastici, di tutte e cinque le provincie calabresi, ci siamo confrontati sulla situazione attuale e sulle “visioni” che dobbiamo avere in prospettiva futura. Bisogna però dire che dal punto di vista legislativo c’è molto ancora da fare, infatti, sebbene le prime le prime circolari ministeriali risalgano agli anni ’90, siamo fermi alle indicazioni presenti nelle Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri – emanate dal MIUR, nel febbraio 2014 – dove vengono indicate le condizioni necessarie per garantire a tutti i soggetti (autoctoni e migranti) di ottenere gli stessi tassi di successo scolastico.

E quali sono le indicazioni presenti nelle Linee guida?

Bisogna per prima cosa affrontare le diverse questioni che concorrono a definire il successo formativo: dalla valutazione all’insegnamento dell’italiano come lingua seconda, dal plurilinguismo all’orientamento, dall’iscrizione alla formazione degli insegnanti fino all’istruzione degli adulti. In questa direzione si possono sinteticamente indicare quattro ambiti di lavoro, estrapolati dalle succitate Linee guida, che possono sicuramente rappresentare una solida base di partenza: l’accoglienza, l’insegnamento dell’italiano come L2, la valorizzazione della lingua e cultura d’origine e del plurilinguismo e, infine, le attività interculturali comuni.

E la sua scuola o la scuola in genere riesce a perseguire queste indicazioni?

Non è facile dare una risposta precisa. Certo la scuola spesso, ma non sempre, si impegna per sopperire a mancanze strutturali. Si pensi ad esempio alla fondamentale figura del mediatore culturale o alla presenza di docenti specializzati nell’insegnamento dell’italiano L2. Sembrano aspetti banali ma l’accoglienza, che si compone di aspetti burocratici, organizzativi, affettivo-relazionali, educativo-didattici e cognitivi, senza la presenza di un mediatore può essere fortemente deficitaria. Come d’altronde insegnare la lingua italiana L2 senza le giuste competenze.

In che senso? 

Questo aspetto è assolutamente centrale: le competenze linguistiche sono alla base di ogni processo di inclusione ed è necessario insegnare l’italiano in modo diverso a chi è alfabetizzato in un’altra lingua. E, tuttavia, tale insegnamento non può che avvenire all’interno delle normali classi scolastiche, evitando la costruzione di luoghi separati di apprendimento che non siamo ovviamente i laboratori linguistici. Ma qui sorgono i problemi. A tal proposito le indicazioni del MIUR, per i cosiddetti N.A.I, suggeriscono l’inserimento, se in situazione di obbligo scolastico, in classi corrispondenti all’età anagrafica dell’alunno o dell’alunna, dando per scontato che ogni scuola abbia un docente L2. Ma non è sempre così, anzi.

La sua scuola ha molti allievi stranieri?

L’IPSSAR “Einaudi” ha, da sempre, una alta percentuale di alunni neo arrivati o di seconda e terza generazione, spesso nati anche in Italia, ma che non hanno cittadinanza italiana. Anche qui si dovrà aprire una discussione seria, prima o poi.  In questi anni abbiamo professionalizzato decine di ragazzi e ragazze che hanno raggiunto alti livelli. Tra i tanti uno di loro, arrivato in Italia come minore non accompagnato, adesso lavora come chef in uno dei più prestigiosi ristoranti vegani a due passi dal Duomo di Milano altri sono nelle più grandi capitali europee. Ma del resto i locali della movida lametina sono ricchi di esperienze simili. Ma non possiamo solo parlare di successi: dobbiamo anche parlare di dispersione scolastica e le cifre sono allarmanti, soprattutto a Sud e questo non coinvolge solo gli alunni stranieri.

Avete fatto dei progetti specifici nel passato?

Debbo dire che l’associazionismo lametino è molto attivo a riguardo e negli anni passati abbiamo avviato tante collaborazioni con varie “realtà” presenti sul territorio. Tutte le attività interculturali comuni, sviluppate per lo più in un’ottica laboratoriale, contribuiscono al dialogo e alla conoscenza reciproca e debbono favorire sia le relazioni tra allievi stranieri e italiani in classe sia le relazioni con i pari nel tempo extrascolastico. La qualità e la quantità di queste relazioni rappresentano degli importanti indicatori di inclusione.

Si arriverà prima o poi ad una reale integrazione degli alunni stranieri?

Debbo dire sinceramente che io non amo molto il termine “integrazione” e già il fatto che la parola sia presente nell’ultimo documento ufficiale del MIUR (2014), la dice lunga. Nel prossimo futuro bisogna sforzarsi per lavorare in una prospettiva multiculturale trasversale nei saperi e nelle competenze che consenta risultati sia sugli aspetti cognitivi e relazionali oltre che sui contenuti, nella prospettiva di un’educazione alla cittadinanza che comprenda la dimensione interculturale e si dia come obiettivi l’apertura, l’uguaglianza e la coesione sociale. D’altronde basta solo attualizzare la nostra carta costituzionale e concretizzare quello che diceva Paulo Freire: “Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo, gli uomini si educano insieme, con la mediazione del mondo”.

Grazie per la sua disponibilità.

Grazie a Lei.

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