Sergio Cammariere, la musica che parla alla mente e al cuore
5 min di letturaLamezia Terme, 7 dicembre 2019, Teatro Grandinetti. Unico concerto in Calabria quello di Sergio Cammariere accompagnato dalla sua band e organizzato da Fatti di Musica di Ruggero Pegna, giunto alla sua 33° edizione, e dalla rassegna teatrale Vacantiandu con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nico Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta.
Un teatro gremito saluta il cantautore calabrese, visibilmente emozionato, che dà vita ad un concerto raffinato e denso di seduzione. Un viaggio tra vecchi successi e nuovi brani contenuti nel suo ultimo album La fine di tutti i guai, un titolo di buon auspicio che lancia un messaggio di speranza.
Lontano da quel vezzo interpretativo diffuso, fatto di esibizionismo rauco e prepotente, Cammariere propone una esecuzione narrativa, confortata da un timbro e da un tratto vocale naturalmente votati al linguaggio poetico e musicale mentre la sua band distilla aperture jazzate, ritmi blues, melodie pop, sonorità latino-americane.
Cammariere e il suo pianoforte. Le mani impongono il loro ritmo e le sue dita – come forze fisiche separate – si muovono agili, nervose e meditabonde, la sua voce è piana, intima, familiare eppure ben percepibile, sottilmente insinuante, carsica quasi, e forse per questo rimane incollata al cuore. I suoi musicisti storici Amedeo Ariano (batteria), Luca Bulgarelli (contrabbasso), Bruno Marcozzi (percussioni) e Daniele Tittarelli (sax), con le loro esecuzioni, riescono a creare architetture armoniche, ritmiche e melodiche evocanti atmosfere rarefatte e suggestive che esaltano i testi scritti da Sergio Cammariere e da Roberto Kunstler. Perché Cammariere e Kunstler sono “fabbricatori di poesia” e la loro rappresentazione del mondo è percepibile nel precario, fragile, improvviso accostamento di qualità, di contaminazioni inusitate, di scarti, di urti tra le parole. È questa la paziente genesi della creazione per la quale occorre sensibilità, tecnica, gusto, addestramento alla “parola” mentre si aggrega o si disgrega in linguaggio e i loro testi, pur conservando una apparente immediatezza, richiedono una misura e un taglio di modulata prorompenza sonora in grado di mantenere inalterata la carica metamusicale presente tra le righe.
Così, questo racconto in musica che dà corpo ai sentimenti della nostalgia, della lontananza, dell’ansia d’amore e di pace si apre con un brano del 2004 Oggi in cui un mood emotivo e notturno prefigura il desiderio di un amore salvifico.
Ritmo sostenuto e incursioni jazz per Nessuna è come te, sempre del 2004, dove la solitudine solipsistica relegata in “un angolo di tempo” si risolve ancora nell’amore.
L’intensa e sensuale lirica Ma stanotte dimmi dove stai apre la carrellata dei nuovi brani contenuti nel suo ultimo album prima che un inconveniente tecnico, prontamente risolto, apra un simpatico siparietto che vede Cammariere scendere in platea e concedersi generosamente ai suoi fans tra selfie, abbracci e applausi.
L’ironia e il vivace swing di Cantautore piccolino precedono il diretto coinvolgimento del pubblico che intona Sorella mia. Poi la dimensione onirica de Le porte del sogno, un brano legato alla paura della solitudine e ai dubbi che l’amore può generare. Ancora la necessità dell’amore nella melodica e malinconica L’amore non si spiega che trova la naturale continuazione nel brano lento Per ricordarmi di te, elegia intristita in cui si dispiega una interazione privilegiata con l’Assente.
Amore universale ne La fine di tutti i guai, sorta di manifesto poetico dove l’amore diventa antidoto contro la solitudine, il disagio, il dolore, il senso di mancanza nell’attesa consapevole – e non alienante – di un mondo migliore. Bellissimo il video della canzone firmato da Cosimo Damiano Damato, omaggio alla bellezza di Roma e ai grandi personaggi che hanno lasciato la loro impronta nella Storia.
L’ariosità jazz di Tempo perduto incornicia i versi della canzone in una dimensione da comte philosophique mentre Padre della notte, cantata nella Sala Nervi del Vaticano, è una preghiera laica in cui il bisogno vivificante del divino sancisce il legame tra cielo e terra.
Il ritmo percussivo andaluso nell’incipit di Mano nella mano è seguito dall’ansia di andare Via da questo mare e L’assetto dell’airone celebra il sentimento panico della natura che si esprime attraverso la liquida coltre delle parole come “Acqua che nasce dall’acqua che muore”.
L’amore ritorna in Tutto quello che un uomo, terza classificata a Sanremo 2003 e vincitrice del Premio della Critica e del Premio Migliore Composizione Musicale. La canzone che ha cambiato la sua vita, un brano profondo ed emotivamente coinvolgente che viene riproposto invitando il pubblico a cantare dal secondo inciso fino alla fine.
In chiusura Dalla pace del mare lontano, un inno alla fratellanza tra i popoli e alla pace del cuore dove il “battello che arriva/seguito da barche e gabbiani” è metafora di quegli uomini e di quelle cose che galleggiano sull’acqua come sugheri alla deriva sotto l’occhio stranito di qualche divinità.
Doppio bis con Viali di cristallo e Sorella mia, in omaggio alla sorella Daniela seduta in prima fila.
Standing ovation finale e consegna da parte di Nico Morelli, direttore artistico di Vacantiandu, della tradizionale maschera simbolo della rassegna teatrale.
Prima dello spettacolo il saluto istituzionale da parte del Sindaco Paolo Mascaro e degli assessori Giorgia Gargano (Cultura) e Luisa Vaccaro (Sport e Spettacolo), invitati sul palcoscenico da Ruggero Pegna e da Nico Morelli. L’abbraccio fraterno tra Pegna e Mascaro, avversari nel ballottaggio per la corsa a sindaco della città ma amici da sempre, sembra sancire “la fine di tutti i guai” per una comunità ostaggio di un lungo, nefasto commissariamento.
Lamezia ringrazia e applaude.
Giovanna Villella
[ph_Massimiliano Natale]