Lo sgarbo di Sgarbi nel garbo dell’Antico
2 min di letturaIn una società fortemente antropocentrica tutto ciò che non è uomo ha valenza denigratoria, se il termine di confronto risulta essere proprio il mondo di Quark.
Eh sì, una deminutio capitis sul banco di una querelle: una querimonia in seduta (di tribunale!). Perbacco, che cerimonia! “Al processo della gallina, la volpe non dovrebbe far parte della giuria”: un’in-giuria bella e buona che oggi, sicuramente, sarebbe costata una damnatio memoriae allo storico britannico Thomas Fuller (1608-1661).
D’ora in avanti converrà fare attenzione a dire ad una che è un po’ oca o ad un’altra che è una iena ridens, ad un tale che ha un carattere pochettino orso o ad un tal altro che è un babbuino o un barbagianni.
Dura lex, sed lex: parola di un brocardo! E a pensare che, per la sua consorte, Darwin sia stato, amorevolmente, un caro ed affettuoso scimmione, senza colpo ferire la teoria dell’evoluzione.
Non solo: se la panoramica si allarga al mondo classico, poi, si scopre come un’irrisione sia in realtà augurale, sia pure attraverso un’innocente parodia:
Labora, Aselle, quomodo ego laboravi, et proderit tibi ( C.I.L., 4208)
Trad. : Lavora, Asinello, come ho lavorato io, e ne trarrai grandi soddisfazioni.
Insomma, un passare il testimone nella moltiplicazione dei doni: una r-esistenza virtuosa nell’esistenza di modi e modelli per essere Prodi! Che dire, inoltre, dell’Asino di Buridano?
Un paradosso che vieta, al contrario, la paralisi nelle scelte, che è la peggiore nemica per tutte le opportunità.
Per non parlare del capretto, che è, di fatto, anche l’apologia zoomorfa del buon intelletto, come si inferisce da una nota favola esopica:
Rid.: Un capretto, che era rimasto indietro rispetto al gregge, era inseguito da un lupo. Nell’atto di voltarsi, disse: “è chiaro, o lupo, che io sia il tuo pasto.
Affinché non muoia ingloriosamente, suona l’aulòs in modo che io balli”. I cani, sentendo il lupo cantare ed il capretto suonare, accorsero in aiuto, scacciando la fiera.
Quindi, ogniqualvolta Vittorio Sgarbi sbotta con un “Asino” oppure “capra”, non fa altro che esprimere un desiderio ottativo (con risposta retorica negativa), della serie: Possa tu essere come loro ma, stante così le cose, non è proprio così! Insomma, un turpiloquio di gusto con un retrogusto amaro di realtà.
Prof. Francesco Polopoli