“Smart Work”, spettacolo di denuncia sociale ed inno alla vita
3 min readUno spettacolo che invita a riflettere sui valori umani e del tempo, e su quello del mondo del lavoro dove emergono ingiustizie e sfruttamenti
Questo è “Smart Work”, lo spettacolo visionario scritto a quattro mani da Gianluca Vetromilo e Armando Canzonieri, andato in scena in un gremito Teatro Grandinetti a Lamezia Terme, nell’ambito della kermesse culturale “Calabria Teatro”, diretta da Diego Ruiz e Nico Morelli.
Lo spettacolo è allo stesso tempo una denuncia sociale ed un inno alla vita: è il teatro della catarsi collettiva. Unico attore sul palcoscenico Francesco Rizzo, che interpreta un giovane lavoratore che si districa nelle avversità della vita tentando di sopravvivere tra le spese del fitto di casa, di utenze, spese mediche e quant’altro, occupando due posti di lavoro: al mattino operatore di call center e la sera driver che consegna le pizze.
Questo però non gli permette di vivere a pieno la sua vita tanto da allontanarlo dagli amori, dalle amicizie, dal gusto di poter passare una serata in relax guardando un film alla televisione.
Una bici e un grammofono gli unici elementi sul palcoscenico che rappresentano rispettivamente il mezzo di trasporto del giovane e la ipotetica “voce del padrone”.
L’idea dello spettacolo nasce nel 2020, l’anno in cui sono cambiate molte cose nella vita di tutti a partire proprio dal lavoro; nasce infatti quello che si può svolgere da casa: lo smart working detto anche lavoro intelligente e la video call che però mette in crisi tutte le altre attività lavorative come il barista, il cameriere e le altre categorie.
Che fine faranno questi lavoratori “non intelligenti”? Francesco Rizzo, nel ruolo del protagonista, incarna l’ambivalenza della frustrazione e del desiderio di libertà, perché cerca una via d’uscita attraversando le rigide convenzioni del lavoro.
Ogni sua mossa è un atto di ribellione, ogni sua battuta è un colpo di scalpello che infrange il muro di silenzio dell’indifferenza sociale.
La narrazione si snoda attraverso una giornata tipo, un ciclo che si ripete all’infinito, un loop in cui il protagonista viene sopraffatto dai ritmi insopportabili di un lavoro alienante che gli chiede impegno e sacrifici illimitati. Call center la mattina e poi raider per il resto della giornata.
Con il ritmo cinematografico della macchina da presa, la regia di Vetromilo alterna i momenti di drammaticità agli sprazzi di amara ironia, creando un clima di tensione emotiva che tiene il pubblico con il fiato sospeso.
Sulla scena, la luce gioca con le ombre, rivelando e nascondendo il palco, con la speranza di un futuro migliore che per il protagonista si fa sempre più lontana.
Il suono della bicicletta, dei telefoni che squillano e del grammofono, da cui una voce trasmette parole, si intrecciano come in un canto funesto di sirene, avvolgendo gli spettatori in un’atmosfera che oscilla tra l’angoscia e la riflessione. Ogni nota è un richiamo a considerare il prezzo del nostro tempo, a interrogarsi su cosa significhi davvero “vivere”. Eppure, nel cuore di questa Odissea contemporanea, si cela un messaggio di resistenza.
Il protagonista, pur schiacciato dalla routine, si aggrappa a quei quindici minuti di libertà, che sono un attimo rubato al tempo ed un sogno di autenticità. Un lungo applauso alla fine dello spettacolo per l’attore e per il regista, che dopo aver ricevuto la
consueta maschera, hanno annunciato le prossime date milanesi.
Lo spettacolo è stato realizzato con il sostegno della compagnia teatrale lametina “I Vacantusi” ed inserito nel progetto “Calabria Teatro” seconda edizione, finanziato con risorse Psc Piano per lo sviluppo e la coesione 06.02.02 (Distribuzione Teatrale) della Regione Calabria.