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Sogni di carta, l’artista calabrese Max Marra alla WopArt- Work on Paper Fair di Lugano

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Sogni di cartaè  il titolo dell’originale e interessante proposta espositiva dell’artista calabrese Max  Marra originario di Paola,  con la quale, dal 19 al 22 settembre 2019,   sarà presente  alla  quarta edizione della WopArt- Work on Paper Fair di  Lugano, nello Stand 7 D 13 della ARC Gallery di Monza.

Le opere selezionate, tra  le  più significative della sua recente produzione su carta,  sono altrettante  mutevoli estensioni su cui  prende forma  un pensiero pittorico sperimentale; sono  volumetrie, rilievi del tessuto formale  ricoperti di carta,  assimilabili alle opere della serie “pance”,  in cui però appare attutito, quasi sublimato, il pesante incombere della materia, la sua carica tragica.

 Le sue mani di amorevole demiurgo ne hanno costruito la struttura per passaggi successivi modulando carte da pacco sulla tela di iuta; carte di diversa consistenza e colore, che esse hanno disposto in perfetto equilibrio compositivo sul supporto, in una continua  filiazione di  valori figurali e  cromatici che smorzano il  grumo impuro della realtà esistenziale.  Con fare lieve, quasi di tenera carezza, le mani dell’artista, mobili appendici del suo estro creativo, hanno assecondato il dispiegarsi delle carte tra dislivelli e increspature cutanee, accompagnando la loro cedevole corporeità  tra sporgenze e rientranze,  sovrapponendo le une alle altre con   movimenti leggeri e decisi, creando geometrie di  spessori.

Egli, da sensibile medicante, si è preso cura di  incisioni e  strappi nella pelle dell’opera,  realizzando raffinati interventi  pittorici che  simulano imprevedibili suture, quasi elementi decorativi senza più il dramma della ferita. Da aperture tra le carte, in alcuni casi, affiorano suture vere, cuciture del supporto in tela che diventano simboliche di concetti, foriere di racconti erratici, feconde di improvvise  fluttuazioni in dimensioni di surrealtà. Sono  aperture rivelatrici   da cui  emergono segni che declinano pensieri fragili, emozioni, sogni, ma  anche  residui  di stesure materiche, di stratificazioni  cui ricondurre  l’aggetto delle forme. La straordinaria  levità delle sue pance accoglie linee, punteggiature di confine, segni grafici  ad inchiostro, campiture di colore che  coesistono nella configurazione formale, che dialogano  rapportandosi  in armoniche partiture.

Ogni opera è spartito  per  notazione di pieni e di vuoti,  è lavagna  per  incogniti ideogrammi che raccontano di  misteriosi mondi  interiori,  di verità  ripiegate nel sogno,  di variazioni strutturali essenziali e libere,  di accadimenti  segnici che diventano scrittura, traccia, ombra che indugia a dilatarsi, in bilico sulla soglia della  coscienza. Pennellate, tenui e sinuose, attraversano il corpo dell’opera, definiscono spazi e vie per ulteriori interventi creativi, per  innumerevoli nuovi  grovigli animati da  spinte immaginifiche, per piccole  e grandi superfici  sospese tra visione e memoria, per gesti  tentati da nostalgia a margine del concetto, incerti della direzione ma non della  necessità di un  destino che affondi  fin nelle profondità   dell’anima.  Per ogni delicata volumetria  il gesto si anima  in salita e si distende in una morbida discesa, superando le asperità e  segnando  un prezioso quanto impalpabile sentiero di luce, un viaggio non oppresso dalla temporalità delle cose, dalla loro ansiosa fisicità di materia, poiché  è lo stesso viaggio che ha generato l’emozione creativa,  è il viaggio dell’uomo, dell’artista  che sogna  e sognando  attraversa  gli incantamenti  del suo stesso fiorire, del suo aprirsi  a scintille di infinito  disperse in cieli di carta.

Teodolinda Coltellaro

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