South working. Lavorare al sud, ma per il nord
3 min di letturaSi tratta di un’idea messa in atto da giovani professionisti che, a causa dell’emergenza sanitaria, hanno dovuto ripiegare sullo smart working, scoprendo che è possibile portarlo avanti anche usciti dal lock-down e magari rimanendo al meridione
L’epidemia da Covid-19 ha messo in ginocchio non solo la salute dell’intera umanità, ma anche e forse soprattutto l’economia di numerose nazioni, una situazione ormai ben nota e molto triste considerando le priorità del genere umano.
I lavoratori si sono visti catapultati in realtà completamente nuove e all’insegna della tecnologia in quello che è stato definito lavoro agile. Una posizione lavorativa particolare, adatta solo per alcuni tipi di lavoro prettamente legati all’uso dei pc e delle connessioni di rete, che ha fatto però scoprire, se non riscoprire, la possibilità di poter lavorare per grandi aziende comodamente da casa.
Si tratterebbe di una buona opportunità per tutti quei giovani meridionali che non vorrebbero lasciare la proprio terra, ma che trovano possibilità lavorative in importanti aziende del settentrione. Potrebbe essere un modo per ridurre alcuni degli effetti che sempre di più mortificano il sud, come l’innalzamento dell’età media, lo spopolamento e la riduzione delle nascite. Si tratta pur sempre di giovani i cui studi sono stati sostenuti dai sacrifici di quei genitori che hanno magari prodotto il proprio capitale al Sud, ma devono investirlo al Nord, magari con l’istruzione universitaria prima e con un’occupazione dopo.
E’ certo che cambiando l’ordine degli addendi la somma non cambi; sarebbero ugualmente le aziende del Nord che sfrutterebbero le doti lavorative dei dipendenti meridionali per ingrossare i propri guadagni, ma ci sarebbe ugualmente un risvolto della medaglia. Uno stipendio medio percepito al Centro-Nord non permetterebbe di vivere in condizioni agiate, portando spesso i giovani a chiedere un aiuto a quei genitori che già tanto hanno speso nella formazione dei propri figli; contrariamente al Sud, uno stipendio medio permetterebbe una tenore di vita sicuramente migliore, anche solo in termini di affitti per le abitazioni.
E, dunque, potrebbe essere questa una delle soluzioni alla riduzione dell’immenso divario che divide in due l’Italia non solo geograficamente?
Una riflessione che è già stata messa in pratica da venti giovani lavoratori, che ha interessato i comuni del capoluogo lombardo e quello palermitano e che ha preso il nome di South Working. Il lavoro del futuro che forse restituirà il futuro alle regioni del meridione italiano.
Felicia Villella