“Ti ho vista che ridevi”, il libro dei Lou Palanca vince il Premio Matteotti
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Di Lina Latelli Nucifero
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Il romanzo “Ti ho vista che ridevi” dei Lou Palanca, edito da Rubbettino, ha vinto il prestigioso Premio Matteotti nell’ambito della sezione delle opere letterarie.
Il riconoscimento è stato assegnato da una qualificata commissione, presieduta dal segretario della presidenza del Consiglio dei Ministri Paolo Aquilani e composta da Silvia Calandrelli, Stefano Caretti, Emanuela Giordano Meschini, Alberto Melloni, Angelo G. Sabatini e Bruno Tobia. La cerimonia di premiazione si svolgerà il prossimo 12 ottobre alla presenza del Sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei Ministri, Maria Elena Boschi, del segretario generale della presidenza del Consiglio dei Ministri Paolo Aquilani e di altri componenti della commissione.
“Ti ho vista che ridevi”, firmato dal collettivo “a geometria variabile” Lou Palanca è stato premiato per aver messo in auge gli ideali di fratellanza tra i popoli, di libertà e di giustizia sociale che hanno ispirato la vita di Giacomo Matteotti.
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Grande soddisfazione da parte della Casa Editrice Rubbettino e da parte dei Lou Palanca che simbolicamente hanno dedicato il premio alle “calabrotte” le protagoniste del romanzo che incarnano le storie di quelle donne che il tempo stava facendo dimenticare. «Da loro – ha affermato Valerio De Nardo, membro del collettivo e direttore del Sistema bibliotecario della Capitale – ci giunge un’importante lezione. Quando gli individui riescono a mettere insieme le loro necessità, senza prevaricare sugli altri, la paura del “diverso”, dello “straniero” lascia il posto all’amore per la vita e al coraggio di guardare negli occhi l’avvenire costruendo il futuro».
Si tratta di un romanzo corale, nel quale ciascun personaggio attraversa la propria solitudine scoprendo il senso della sua vicenda nella relazione con l’altro. Ambientato negli anni ’60, la trama ruota intorno alla migrazione matrimoniale femminile che dal Sud raggiunge il territorio delle Langhe, che le contadine stanno abbandonando per conquistare l’emancipazione nelle città. Dora è costretta ad emigrare da Riace per sposare un contadino delle Langhe e lascia alle cure della sorella il figlio Luigi che non doveva nascere. Quando Luigi scoprirà le sue origini, andrà alla ricerca della madre e della sua identità incrociando una catena di figure femminili che da Dora conduce ad una profuga siriana.
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