Tra fiaba e linguaggio, conferenza all’Uniter del professore Polopoli
3 min di letturaIl valore della tradizione, intesa come continuità nel presente e costante modello di riferimento, è stato il filo conduttore dell’incontro “Tra fiaba e linguaggio” organizzato dall’Uniter di Lamezia Terme, presieduta da Italo Leone
Dopo una celere introduzione da parte della vicepresidente dell’associazione Costanza Falvo D’Urso, lo studioso e relatore Francesco Polopoli ha sottolineato la natura fisiologica dell’ imprescindibile continuità tra tradizione e presente, nevralgiche e vitali costanti della comunità allo stesso modo delle figure genitoriali che contribuiscono a solidificare le nostre basi e la necessità di usare correttamente, in una società smarrita, il linguaggio recuperando le parole idonee ad ogni situazione contingente.
Polopoli ha precisato che oggi c’è un abuso delle parole, usate impropriamente, e che «spetta alla linguistica appropriarsene per evitare uno “scatafascio” e che bisogna ricorrere alla loro etimologia per coglierne l’esatto significato».
A sostegno di questa tesi lo studioso si è collegato alla fiaba perché «nel potere affabulatore della parola – ha asserito – è insita la radice di fabula cioè fiaba. E dato che oggigiorno si sta perdendo l’uso della parola, trovo giusto, attraverso “il c’era una volta della tradizione fiabesca” rimarcare l’idea che senza un magistero non ci possa essere una continuità di fronte allo slaccio e una prospettiva meritoria di futuro».
Polopoli ha poi posto l’accento sull’origine mitica della città di Lamezia Terme, essendo figlia della mitologia, e su quella lamitica, essendo figlia del moto, per cui si fa affidamento alle belle storie esistite all’interno del suo territorio. Da qui Polopoli ha preso lo spunto per ricostruire l’ambiente cittadino attraverso la rilettura della Sirena Ligea, tradotta in dialetto nicastrese dalla professoressa Luciana Parlati, e il recupero di un racconto fiabesco di Ingrid e Gerlando, una storia d’amore interrotta da Federico II, ma viva nello spirito del luogo, che la accompagna tra le folate di vento come un sottofondo musicale per quella che si può considerare la più bella love story del Medioevo lametino.
Una storia attuale che narra la prigionia della principessa Ingrid rinchiusa nel Castello per volere di Federico II perché innamorata del paggio Gerlando e che ricorda «i sequestri femminili – ha commentato Polopoli – perpetrati nelle periferie del comprensorio lametino o le limitazioni di libertà cui è stato soggetto il mondo muliebre proprio dalle nostre parti. Da tutti questi motivi si evince una narrazione attuale metafiabesca che fa della trama una storia rosa di Lamezia».
Gerlando continuò ad incontrarsi con la prigioniera Ingrid di notte anche quando il vento soffiava rabbiosamente o la pioggia cadeva copiosa: ormai la principessa aveva fatto abitudine a tutto ciò e, appena si faceva buio, metteva sulla finestrella della sua prigione una lucerna, per far capire a Gerlando che lo aspettava e continuava a volergli bene, nonostante la situazione fosse per loro disperata.
«Alcuni – scrive Polopoli nella “Fiaba di Ingrid e Gerlando” -affermano di aver sentito un continuo e sommesso parlottio durante le calde notti d’estate, ma forse è il tremolio delle foglie, scosse dalla brezza notturna, o il chiacchierio delle acque, che scorrendo pigramente tra i sassi del fiume Canne, si avviano lentamente verso il mare. Altri, infine, dicono di aver sentito, durante le fredde e tempestose notti invernali, laceranti grida di dolore, ma forse è la voce del vento, che, scendendo in fretta dal monte Reventino verso le zone più calde del sud, s’infrange furiosamente sui ruderi del vecchio castello normanno».
Il libro “ La fiaba di Ingrid e Gerlando” è una riduzione con ampliamento del libretto storiografico di Pietro Bonacci, San Teodoro, il Rione più antico di Nicastro, Lamezia Terme, 1971, come “princeps editio” cui Polopoli fa riferimento come “editio princeps” per la stesura della fiaba.
Lina Latelli Nucifero