Trame 7: “Oltre i cento passi”, Giovanni Impastato ricorda il fratello Peppino
3 min di letturaOltre i cento passi per mantenere sempre più viva la memoria di Peppino Impastato. Questo è l’intento principale contenuto tra le pagine di “Oltre i cento passi” (Edizioni Piemme) scritto dal fratello di Peppino, Giovanni Impastato, e presentato domenica durante l’ultima giornata della settima edizione di Trame Festival. L’incontro, presenziato da moltissimi giovani, ha avuto un carattere diretto e informale con Giovanni Impastato, tra i fondatori di Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato, impegnata nella sensibilizzazione e nel contrasto alla criminalità organizzata, e Gaetano Savatteri, scrittore e direttore artistico del Festival, che hanno fatto il punto della situazione a quasi quaranta anni dall’uccisione di Peppino, avvenuta nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978, svelando alcune curiosità sulla vita dell’attivista siciliano e sul film a lui dedicato “I cento passi” di Marco Tullio Giordana. I simbolici cento passi che separavano casa degli Impastato da quella del boss di Cinisi Gaetano Badalamenti, passi che si sono moltiplicati con il trascorrere degli anni; «quei cento passi – dice Impastato – ce li abbiamo un po’ tutti. Sono coscienza comune».
Peppino Impastato rappresenta una figura anomala per le vittime di mafia e Giovanni ci spiega il perché: «Peppino era un giovane figlio di un mafioso che ha attuato una rottura con la famiglia». Quella famiglia che oltre al padre Luigi, vicino a don Tano Badalamenti, annoverava un personaggio del calibro di Cesare Manzella, capomafia ucciso con un ordigno esplosivo il 26 aprile 1963. A partire da quel brutale episodio, il giovane Peppino, all’epoca quindicenne, decise di schierarsi contro la criminalità organizzata. Fu questo il punto di rottura tra Peppino e quel clima di totale accondiscendenza mafiosa che si respirava in famiglia e in tutta Cinisi. L’autore del libro, racconta gli scontri tra Peppino e il padre: Luigi Impastato ripudia Peppino e Peppino ripudia il genitore. Un padre che, come tiene a ricordare Giovanni Impastato, proverà comunque a salvare il proprio primogenito una volta venuto a conoscenza della condanna a morte decisa per lui. Il momento è tra i più intensi tra quelli riportati da Giordana ne “I cento passi”, un film che ha contribuito a rispolverare la memoria di Peppino. Una memoria che «produce ancora germi», come dice Savatteri, germi alieni da ogni retorica.
«Il libro – sostiene Giovanni Impastato – vuole mettere in evidenza che il messaggio che abbiamo voluto trasmettere in tutti questi anni è stato recepito dai giovani». L’opera è un monito ad andare oltre i cento passi, oltre l’icona Peppino, una esortazione a considerare la sua figura e le sue idee, attualizzandone il pensiero e le battaglie sociali ed ecologiche che ha affrontato.
Ma l’ideologia di Peppino Impastato e il suo modo di lottare sono utopie per le attuali giovani generazioni? Nonostante la poca volontà dello Stato di risolvere il problema mafia, afferma Giovanni Impastato, «bisogna essere convinti che la mafia si può sconfiggere», e dunque continuare a esprimere le proprie idee e promuovere la cultura con libri, festival e manifestazioni. In questo modo le morti di Peppino e di tutte le persone che si sono opposte al sistema mafioso non saranno mai vane.
Antonio Pagliuso