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Trame e la mafia che esiste

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Dopo ventisei anni dall’assassinio per mano mafiosa di Libero Grassi, l’imprenditore siciliano ormai simbolo dell’antiracket, all’età di 87 anni è morta sua moglie, Pina Maisano Grassi conosciuta come la “nonna” dei volontari di AddioPizzo, l’associazione siciliana nata per sostenere le vittime del racket.

Pina-Maisano-Grassi Una figura emblematica, donna forte, volitiva che, dopo l’uccisione del marito, ha trovato la sua ragione di vita nella lotta alla mafia. È stata una delle voci levate contro Cosa Nostra, un fenomeno criminale radicato da secoli che, ancora oggi, sembra inattaccabile, imbattibile.
A pochi giorni dalla sua morte, lo scorso 17 giugno, la Corte di Cassazione ha finalmente riconosciuto l’esistenza della ‘ndrangheta, la mafia calabrese che ha acquistato così la sua rilevanza giuridica. La Cassazione, in questa ‘storica’ sentenza,  afferma che non si tratta di una invenzione letteraria o giornalistica: la ‘ndrangheta esiste davvero ed è anche molto pericolosa.Al diritto evidentemente non sono bastate le tante vittime, il sangue sparso e i milioni  di pallottole sinora esplose, per dichiarare come vero, reale un ‘agglomerato’ criminale che può addirittura definirsi come una ‘caratteristica’ della Regione Calabria. Rimane da capire cosa mai sarà stato considerato, solo ora, talmente rilevante per far ritenere incontrovertibile la prova della sua esistenza. Di fatto, la ‘ndrangheta ha secoli di vita, da sempre uccide ed è oggetto e soggetto di studi, approfondimenti, analisi sociologiche e storiche, visioni e soluzioni politiche, dibattiti,  tesi,  controtesi ed eventi.
A Lamezia Terme, ad esempio, dal 2011 si svolge “Trame”, il festival dei  libri sulla mafia. Quattro giorni di eventi, incontri, dibattiti, presentazione di libri e musica per coinvolgere, far riflettere e diffondere il seme dell’antimafia.  L’ idea di questo festival letterario nacque nel 2011 nella testa di Tano Grasso (presidente dell’Associazione Commercianti di Capo D’ Orlando e promotore della Fondazione Antiracket) che, all’epoca, era assessore alla cultura della Giunta Speranza che amministrava la terza città  della Calabria. La direzione artistica dell’evento fu affidata a Lirio Abbate, giornalista de L’Espresso e nota “penna” contro le mafie che scelse il nome di Trame per il festival. Dopo le prime due edizioni però accadde qualcosa. Nel 2013 infatti, Abbate e Lidia Barbagallo (consigliera della Fondazione Trame intanto istituita) si dimisero con  una lettera inviata al sindaco Speranza nella quale precisavano che non sussistevano più le condizioni per proseguire.
Dopo alcune questioni sorte in relazione al suo ruolo di assessore, presentò le sue dimissioni anche Tano Grasso: aveva tagliato i fondi destinati ad alcuni eventi culturali che lui riteneva essere  ripetitivi e peraltro proposti e gestiti sempre dalle stesse persone o associazioni.
In contemporanea, Rocco Mangiardi, primo e unico testimone di giustizia a Lamezia Terme, abbandonava la sua carica di vice presidente e socio dell’Associazione Lametina Antiracket (ALA), sponsor di Trame sin dalla sua nascita. Ne diede l’annuncio sul suo profilo Facebook scrivendo: “Ho ritenuto opportuno dare le mie dimissioni irrevocabili. Ritengo il mio gesto un fatto di onestà, dal momento che ho imparato ad amare un’altra antimafia, un’antimafia che non usa paroloni, una vera antimafia che sta reagendo senza fare clamore, coltivando in silenzio i semi della legalità. Ed io voglio essere solo un testimone silenzioso e stare accanto ai veri resistenti, che sono i familiari delle vittime innocenti”.
Le dimissioni di Abbate, Grasso e Mangiardi destarono un certo scalpore ma, le loro effettive motivazioni, non furono mai chiarite fino in fondo.
Da allora, ogni nuova edizione di Trame, è accolta da qualche lieve dissenso che, pur in controluce, lascia intravedere qualche piccola crepa nell’impianto di un festival che pare aver acquisito rilevanza nazionale. La sesta edizione di Trame, svoltasi dal 16 al 19 giugno, ha provocato alcune prese di posizione maggiormente evidenti dal momento che sono state argomento di discussione sui social network.Trame.6_Logo Certo è che la spettacolarizzazione di un fenomeno criminale come la mafia, in tutte le sue forme, rischia di sminuire la percezione della sua pericolosità.
Uno dei magistrati più impegnati nella lotta alla ‘ndrangheta, che vive sotto scorta da trenta anni come Nicola Gratteri, già da tempo afferma che:”Non si può fare dell’antimafia un mestiere. Invito politici ed enti locali a non erogare più denaro pubblico ad associazioni che nascono dal nulla”. Recentemente nominato procuratore della Repubblica di Catanzaro, ha ribadito:“Se questa gente inizia a comprare pezzi di giornali o di televisione? Se questa gente inizia comprare e a manipolare il consenso e l’informazione? Questo è un grande pericolo per la democrazia e per la libertà. Libertà non è parlare oggi o gridare contro la mafia, la libertà è la possibilità per un commerciante e per un imprenditore di fare scelte economiche”.

Mariateresa Costanzo

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