Trame Festival: Malta è meno attrezzata dell’Italia ad affrontare le mafie
3 min di letturaA Trame12 si parla di Malta, la piazza dei boss. In ricordo di Daphne Caruana Galizia
“Oggi il ministro Nordio ha fatto riferimento ad una giustizia conciliativa preventiva a quella penale. C’è un movimento culturale prima che politico che chiede di poter gestire le cose con meno controlli. Dobbiamo essere tutti consapevoli dei rischi a cui andiamo incontro. Quello che successe a Malta quando morì Daphne Caruana Galizia ricorda proprio questo”.
Così sul palco della seconda serata di Trame Festival il nuovo procuratore aggiunto di Reggio Calabria Stefano Musolino. È solo di poche ore fa, infatti, la notizia della nomina della quinta commissione del Consiglio superiore della magistratura che lo ha proposto all’unanimità. Con lui il giornalista Stefano Vergine e, in collegamento, Corinne Vella, sorella della giornalista investigativa uccisa a Malta sei anni fa e inserita quest’anno nel lungo elenco delle vittime ricordate in occasione della Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di mafia del 21 marzo. Per la sua morte è stata aperta un’indagine giudiziaria.
Daphne denunciava la corruzione e il narcotraffico dell’isola dell’Europa meridionale, epicentro delle mafie italiane, “base per l’evasione fiscale nell’Unione Europea” come lei stessa denunciava.
“Uno dei progetti sui quali aveva investigato riguardava Elettrogas, c’era molta corruzione e una connessione con l’Italia, tra Gela e Malta in particolare” ha raccontato Corinne Vella.
“In questo momento l’Unione Europea sta per finanziare proprio un gasdotto tra Malta e Gela: di fatto la persona che è accusata della morte di Daphne prenderà un sacco di soldi da quest’affare” – ha aggiunto Stefano Vergine.
A fare il quadro del contesto in cui è stata uccisa Daphne è stato poi Musolino.
“Malta ha un regime più che concorrenziale, al netto si paga il 5% di tasse. Qualunque impresa preferisce andare a Malta. Abbiamo aziende che operano in Italia con concessioni rilasciate da autorità maltesi. Si tratta di un posto molto piccolo, in cui la classe dirigente è meno strutturata e più facilmente corruttibile, e in cui si accumulano davvero tanti soldi”.
La famiglia di Daphne ha condotto un’indagine privata che ha portato a individuare il primo ministro Muscat come responsabile indiretto. In particolare, ci sono tre processi in corso: al centro ci sono le persone accusate di essere gli esecutori materiali, Vincent Muscat, Alfred e George Degiorgio, e il mandante, Yorgen Fenech, precedentemente accusato dalla giornalista di possedere un fondo segreto a Panama e di aver fatto pressioni sul governo laburista per aggiudicarsi un appalto.
“Muscat aveva creato un clima di impunità nella società maltese e i giornalisti come Daphne non si sentivano protetti. C’è stata una campagna orchestrata dal partito laburista contro il suo lavoro giornalistico” – ha chiarito Vella.
“Quello che l’inchiesta ha messo in luce è che bisognerebbe implementare le leggi sulla criminalità organizzata: le leggi di Malta permettono di perseguire un’organizzazione criminale solo se si sviluppa all’interno dello stesso paese. Ma al crimine organizzato non interessano i confini. Dovrebbero essere sempre garantiti accesso all’informazione e protezione per i giornalisti. Malta è meno attrezzata dell’Italia ad affrontare le mafie”.