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Valanga di denunce del Comitato dei parenti dei morti per Covid

3 min di lettura

Non per denaro, ma per amore. Dei loro cari, di una verità che possa evitare di piantare ancora così tante croci

Sono già una quarantina le denunce pronte a essere presentate in procura dal Comitato ‘Noi denunceremo’, nato dall’omonima pagina Facebook che raccoglie le (per adesso) 53mila testimonianze di chi ha perso un affetto durante la pandemia. L’avvocato Consuelo Locati di Seriate (Bergamo), a sua volta colpita dal virus ma guarita, ha perso il papà Vincenzo di 78 anni. Fa parte della squadra di sei legali, destinata ad allargarsi, che, a titolo gratuito, si sta occupando di passare dal racconto sui social alla definizione di un atto che dia inizio a un procedimento penale.

“Il nostro compito – spiega all’AGI – è capire se queste ricostruzioni  possano essere convertite in denunce, poi spetta al comitato, fondato dagli amministratori del gruppo tra cui Luca Fusco a cui è morto il padre, consegnarle alla magistratura, sulla base della nostra valutazione. Non tutti quelli che hanno scritto su Facebook hanno aderito al comitato. Per farlo, occorre versare 5 euro annuali che permettono di avere parere e stesura della denuncia. Di fatto, quando si apriranno i procedimenti, il comitato metterà a disposizione dei propri aderenti dei legali che potranno assisterli a tariffe convenzionate, ma resterà la possibilità di optare anche per un avvocato di propria fiducia”.

La ‘Fase 2’ del comitato è iniziata ai primi di maggio e, ogni giorno, sul tavolo  arrivano nuove storie che ‘reclamano’ di essere tramutate in atti. “Nelle denunce si da’ conto della singola vicenda, senza indicare ipotetici colpevoli.  Ci si limita a chiedere di considerare, con una formula uguale per tutti i casi,  se in base ai fatti esposti possano riconoscersi responsabilità in capo a soggetti da identificare ed eventualmente portare a giudizio. Quello che si domanda è accertare se il decesso dei parenti sia riconducibile alla mancata adozione da parte di chi era tenuto, in forza di legge, delle misure per di protezione per prevenire la diffusione del virus”.

Un fatto è certo, per il comitato: “I medici non sono colpevoli ma vittime. L’intento è offrire gli strumenti all’autorità giudiziaria per effettuare indagini a largo raggio che possano individuare l’anello mancante che si è aperto o non c’è stato. Nelle testimonianze dei lombardi c’è un filo conduttore molto chiaro ed è l’incapacità del sistema sanitario locale. I medici di base sono stati lasciati soli,  non è esistito il collegamento tra loro e l’azienda sanitaria. Questo ha comportato che tutti quelli che erano a casa malati sono morti nelle loro abitazioni o sono stati in ospedale quando era troppo tardi”.

L’o scopo finale, viene chiarito sul sito noidenunceremo.it, “non è cercare un risarcimento economico perché non siamo nati per questo e neanche tutto l’oro del mondo ci ridarà ciò che il Covid ci ha strappato”. L’avvocato Locati parla anche come figlia che ha perso il padre che “non aveva nessuna patologia”. “Il nostro scopo è trovare giustizia e smantellare  l’omertà.  C’è in corso un rimpallo di   responsabilità  tra regioni, governo e amministrazioni locali  che è un celare tutto quello che è successo dietro uno scudo politico che va fatto cadere. Forse in Lombardia basterebbe che Fontana ci porgesse le sue scuse ma lui continua a sostenere di avere fatto tutto bene. Io penso e ripenso al volto di mio padre nell’ultima videochiamata. Dalla sua cartella clinica ho capito che i medici sono stati obbligati a fare delle scelte nelle cure, ma non gliene do’ colpa, avrei fatto lo stesso”.

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